Il Presidente del Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria analizza le modifiche introdotte con la manovra di Ferragosto
La manovra di Ferragosto ha modificato le disposizioni in tema di Giustizia tributaria contenute nel DL 98/2011 (conv. L. n. 111/2011), stabilendo che non basta più la mera iscrizione a un Albo per escludere un professionista dall’esercizio della funzione di giudice tributario.
Un dietrofront atteso da molti, a partire da Daniela Gobbi, Presidente del Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria, con la quale abbiamo analizzato non solo le nuove norme sulle incompatibilità dei giudici, ma anche quelle che definiscono le competenze dell’organo di autogoverno della Giustizia tributaria.
Presidente Gobbi, come giudica il nuovo regime di incompatibilità introdotto con la manovra di Ferragosto?
“Certamente in modo positivo. In questo periodo, abbiamo chiesto una serie di incontri ai massimi vertici del Governo e del Parlamento, sottolineando più volte l’incongruenza di una norma che eliminava dalle Commissioni tributarie tutti gli iscritti a un Albo professionale. Una norma paradossale, se pensiamo che l’iscrizione a un Albo rappresenta un requisito per poter partecipare al concorso per diventare giudice tributario. Devo dire che, in un momento difficile come questo, non era così scontato avere attenzione dalla politica. La riforma della Giustizia tributaria non è certo prioritaria rispetto alla situazione economica che sta vivendo il Paese, eppure devo riconoscere di aver trovato grande disponibilità all’ascolto da parte di tutti, maggioranza e opposizione. Se ho avuto un merito, dunque, è solo quello di aver aiutato a riflettere chi doveva decidere. Ma credo che un buon contributo sia arrivato anche da forze sociali come il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, il cui Presidente Siciliotti ha sempre dimostrato attenzione al problema, denunciando, tramite i media, l’illogicità delle norme sull’incompatibilità automatica dei professionisti”.
Che cosa avete chiesto nel corso di questi incontri?
“L’eliminazione completa dell’attuale regime di incompatibilità, paventando, al suo posto, un’incompatibilità di tipo territoriale. Ma l’unica proposta che ha avuto attenzione è quella poi inserita nella manovra di Ferragosto, ovvero gli iscritti agli Albi potranno continuare a far parte delle Commissioni, a patto che non esercitino attività di consulenza fiscale. Ma c’è un altro aspetto interessante. Mentre prima si disponeva il divieto di esercitare attività di consulenza solo nei confronti delle persone fisiche, ora questo divieto è stato allargato anche a coloro che prestano consulenza per Enti o Amministrazioni Pubbliche. E questo vale sia per il giudice che per i parenti. Credo che possa essere un modo per lanciare un forte segnale di indipendenza della Giustizia tributaria”.
In ogni caso, la marcia indietro non è stata totale. Le norme che, di fatto, limitano l’attività di verifica del Consiglio di Presidenza sulle incompatibilità e sull’attività di segreteria all’interno delle Commissioni sono rimaste immutate. Cosa ne pensa?“Riguardo alla prima questione, la norma stabilisce che la verifica delle incompatibilità rimanga delegata al Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria, salvo nel caso in cui si tratti di un magistrato di carriera. In quel caso, la verifica è affidata al Ministero. Noi immaginiamo si tratti di un errore tecnico, perché non è pensabile che l’attività di verifica venga svolta dal Ministero che, al contempo, rappresenta anche una delle due parti nel contenzioso tributario. Quanto, invece, al controllo sull’attività di segreteria, il giudice tributario ha come braccio armato proprio il personale di segreteria, e non è immaginabile che non abbia anche il potere di verifica sulla loro attività. In ogni caso, abbiamo già diffuso una risoluzione sulla “doppia dirigenza” tra Direttore e Presidente di Commissione, ribadendo che, in caso di eventuali problemi di carattere organizzativo, l’attività giurisdizionale prevale su quella di segreteria. Un modo per ribadire che quest’ultima è solo strumentale alla prima e che va coordinata con il Consiglio di Presidenza”.
Nel corso degli incontri cui accennava poc’anzi, c’è stato anche modo di ribadire la necessità di aumentare gli stanziamenti a disposizione della Giustizia tributaria?
“Sì, solo fondi adeguati possono consentire al Consiglio di Presidenza, che ha dimostrato competenza, rigore e senso istituzionale, di poter gestire al meglio la Giustizia tributaria. Non vorrei che un bilancio così risicato fosse espressione di mancanza di interesse per una materia tanto importante. Perché è vero che la Giustizia tributaria non può combattere l’evasione, ma agendo con competenza e in tempi brevi, può assicurare la certezza del diritto, contribuendo alle sorti economiche del nostro Paese”.
Fonte: Savino Gallo