Lo sport delle bocce, un tempo orgoglio e tradizione radicata in molte comunità toscane, sta vivendo una crisi senza precedenti. La mancanza di ricambio generazionale, la chiusura di decine di società e il crescente numero di bocciodromi abbandonati sono segnali inequivocabili di un declino inarrestabile.
L’attività podistica è ripresa in pieno e la Silvano Fedi non manca di essere presente nelle varie manifestazioni.
Presso la palestra My Club di Pieve a Nievole il Judo Valdinievole Montecatini riprende la preparazione dopo la pausa estiva.
Nuova soddisfazione, per Pavel Group, nel fine settimana passato, al Rally “Città di Torino”, 39^ edizione di una gara dal passato prestigioso, che la struttura di Serravalle Pistoiese ha onorato con prestazioni di vertice.
Il Tennis club le Torri di Serravalle Pistoiese, con il patrocinio del Comune di Serravalle Pistoiese, ha organizzato dal 7 al 18 agosto il Torneo di tennis San Lodovico che ha dato la possibilità a oltre 60 giovani tennisti di potersi sfidare nelle loro singole categorie.
Il podismo non va in vacanza ed a Ferragosto era in programma la classica “Scarpinata del Fattucchio” in quel di Pian degli Ontani (PT). SILVANO FEDI immancabilmente protagonista con successo nella graduatoria di società ed ottimi piazzamenti.
Sofia Palomba del gruppo sportivo Kin Sori Taekwondo asd sarà tra i 4 atleti della Toscana scelti in base ai piazzamenti del 2024 nel proprio sport che andranno a rappresentare la regione Toscana nella 9° edizione del Trofeo Coni.
Andato in archivio anche il secondo dei tre appuntamenti, il Campionato provinciale Pistoia – “Memorial Roberto Misseri”, promosso da Aci Pistoia, ha visto diverse dinamiche della classifica muoversi, facendo immaginare un finale di stagione, quello del “Città di Pistoia” di inizio ottobre, quanto mai incandescente.
La mostra ripercorre attraverso oggetti d'epoca l'attività ciclistica sul territorio quarratino.
“Arte in paese”, evento alla seconda edizione che si terrà domenica 11 agosto a San Mommè.
Per un uomo che aveva consacrato tutta la sua vita al Fascismo era impossibile reinventarsi un futuro in Italia dopo la sua caduta. Perchè, in definitiva, Angiolo Mazzoni Del Grande era il Fascismo stesso, almeno nella disciplina che lo aveva reso famoso: l'architettura.
Figlio di una nobile famiglia bolognese, nacque all'ombra delle Due Torri nel 1894 e sin da ragazzino palesò uninteresse grandioso verso l'arte ed il disegno. L'approdo alla facoltà di architettura fu quindi una scelta naturale oltrechè obbligata. La stretta connessione che, ai primi del Novecento, vi era fra laprogettazione teorica e pratica, mlo portò anche a compiere approfonditi studi di ingegneria, che nella sua parabola professionale gli risulterannoi utilissimi.
La sua giovinezza, tuttavia, fu caratterizzata essenzialmente, non tanto dalla vita universitaria, quanto piuttosto dalla carneficina della Prima Guerra Mondiale. L'Italia entrò nel conflitto con le speranze di una ragazzina al ballo del suo diciottesimo compleanno. Ne uscì con le delusioni di una pluridivorziata di mezza età...
Dopo Caporetto e Vittorio Veneto l'Italia era cambiata. Aveva perso la sua verginità politica ed intellettuale ed avevca abbracciato l'ideologia totalitaria del Fascismo. Angiolo Mazzoni fu travolto da questo turbine ideologico. Si innamorò delle dottrine mussoliniane sin dagli esordi sansepolcristi (dal nome della sala milanese ove il Fascismo fu fondato, detta appunto San Sepolcro).
Fresco di laurea, trasportò nell'architettura gli ideali artistici del Regime nascente, che si rifacevano al futurismo in generale e al razionalismo applicato alle materie plastiche e figurative. Divenne l''aedo' del nuovo corso, almeno in fatto di realizzazioni edilizie. Grazie al suo ingresso nelle Ferrovie dello Stato come Ingegnere capo, riuscì a mettere in pratica le sue idee nellacostruzione di molti poli ferroviari sparsi in tutta Italia. Fra questi ricordiamo i suoi interventi nelle nuove costruzioni di Roma, Milano, Messina e Firenze.
La sua attività professionale fu poi 'prestata'anche al Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, realizzando gli uffici postali di Agrigento, Grosseto, Sabaudia, Latina Palermo e Trento.
Per ciò che concerne Montecatini Terme, Mazzoni fu chiamato dal Duce in persona a realizzare la nuova stazione di Montecatini-Monsummano. Sino agli anni Trenta, infatti, l'unica stazione presente in città era quella del Centro, con le due palme importate dalla nuova colonia della Libia che già svettavano maestose. Montecatini era tuttavia una città turistica di primissimo livello. I treni 'vomitavano' sulle banchine ferroviarie migliaia e migliaia di turisti l'anno, molti dei quali erano, dagli anni Venti in poi, associati ai Dopolavoro fascisti.
All'epoca non c'era l'autostrada né tantomeno la motorizzazione di massa. Tutti, ma proprio tutti, arrivavano a Montecatini col treno. E con loro anche le merci e le vettovaglie per i numerosissimi alberghi. La piccola piazza antistante alla stazione Centro era costantemente congestionata. Ed una volta che il Duce ebbe a passare di qui, si dice, si convertì ben presto alla teoria della necessità di una nuova stazione che affiancasse la vecchia. Fu scelto all'uopo un tratto di linea ferroviaria nei pressi della località di Mezzomoglio. All'epoca quella striscia di terreno apparteneva al confinante Comune di Pieve a Nievole, con il quale si addivenne a un accordo che prevedeva lo scambio di alcune porzioni territoriali, così da far ricadere la nuova stazione entro i confini di Montecatini.
Mazzoni Del Grande, in poche ore, partorì un progetto grandioso che ancora è sotto gli occhi di tutti. Seppe interpretare al meglio i dettami razionalisti, creando spazi polifunzionali che fecero della stazione di Montecatini non solo un approdo ferroviario bensì un punto di aggregazione della città. Ebbe anche l'accortezza di usare, per i rivestimenti, materiale locale, come le pietree della cava della Maona ed il marmo di Monsummano.
Lo stile 'ventennio' dell'edificio era evidente e totalizzante, tanto che a guerra finita e a fascismo archiviato, furono in molti a chiederne l'abbattimento. In molte zone d'Italia, infatti, soprattutto nei primissimi mesi dopo la guerra, si registrò una furia iconoclasta verso tutto ciò che sapeva di fascismo. Ne fecero le spese, oltre che le costruzioni di Mazzoni, anche le opere pittoriche di Sironi, di Ardengo Soffici e persino di Ottone Rosai.
Quanto a Mazzoni, egli rimase fedele alla sua idea sino alla fine. Aderì alla Repubblica Sociale ma capì che quel mondo era al tramonto. Già dai primi anni del Quaranta, aveva iniziato a vendere le sue proprietà immobiliari a Bologna, Roma e Firenze. Quando crollò sotto i colpi della storia (intesa in senso hegheliano...), riuscì a espatriare in Colombia. In Sudamerica, finita la guerra, si stavano recando migliaia e migliaia di nazisti, fascisti, collaborazionisti francesi, belgi, croati, ucraini ed estoni. Non dico 'ex' fascisti, 'ex' nazisti o altro, poichè i regimi sudamericani erano tutti di stampo autoritario e gradivano molto l'arrivo di questi....profughi fuggiti da un mondo che 'non ci vuole più', usando non a caso le parole di un grande successo di Battisti.
In Colombia e in tutta l'America Latina Mazzoni continuò la sua opera, sia nell'ambito dell'edilizia pubblica che privata. Visse indisturbato fra il tintinnar di sciabole dei generali da operetta colombiani per moltissimi anni, rientrò sporadicamente in Italia, ove tornò a stabilirsi verso gli inizi degli anni Settanta. Morì a Roma nel 1979.
Di Mazzoni del Grande, ricordiamo LIBRO, LUOGO, LASCITO MORALE.
LIBRO: A. Forti: Angiolo Mazzoni, architetto fra fascismo e libertà, Edam Firenze 1978 (disponibile Bibl. della Facoltà di Architettura, Firenze)
LUOGO. Piazza Italia a Montecatini. La 'nostra' Stazione. Perchè l'arte non ha partito.
LASCITO MORALE: Mai rinnegare...
di Giancarlo Fioretti