La stagione podistica corre veloce verso il termine della stagione e i podisti della Silvano Fedi non mollano di un centimetro.
In una giornata di sole e una temperatura mite, si è disputato al ciclodromo ‘’Alfredo Martini’’ di Ponte Buggianese la quinta edizione del ‘’Trofeo Pier Luigi Romani-8° Memorial Massimo Massimi-Trofeo Aido’’.
Una notte speciale, in tutti i sensi, quella del PalaCarrara.
Con l’ultimo weekend ha preso il via tutta l’attività di Pistoia Basket Junior per quel che riguarda il settore giovanile. Impegni al PalaCarrara e alla palestra “Einaudi” di viale Pacinotti e, in più, la bella soddisfazione per la chiamata in Nazionale argentina di Gianluca Fabi.
Domenica 3 novembre si svolgerà al ciclodromo di Ponte Buggianese il “Campionato regionale Uisp corsa su strada 10km”.
Nico Basket Femminile - Basket Golfo Femminile 69-52
Mtvb Fabo Herons comunica che, per motivi di ordine pubblico, su richiesta dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, è stata emessa ordinanza da parte della prefettura di Lucca per la partita in programma mercoledì 6 novembre alle ore 20:30 al PalaTagliate di Lucca tra Fabo Herons Montecatini e Pielle Livorno.
A.S. Estra Pistoia Basket 2000 comunica che, data la perdurante indisponibilità di coach Dante Calabria per motivi di salute, ha provveduto a effettuare il tesseramento, come capo-allenatore, dell’attuale vice coach.
Si trova nella Sala dell’Ottocento del Museo civico d’arte antica il dipinto raffigurante Radamisto che uccide Zenobia.
La mostra, intitolata "1944: Dall’Arno alla Gotica", si terrà dal 1 al 3 novembre e dal 9 al 10 novembre.
Gabriele, figlio di Marco De Martin Mazzalon, ex capogruppo dei Ds in consiglio comunale è tornato a casa dai suoi genitori dopo tanti, troppi giorni vissuti (pericolosamente) in ospedale. Di seguito pubblichiamo la bella lettera del babbo del piccolo Gabriele.
"Gabriele è tornato, Gabriele è tornato, Gabriele è tornato, lo scrivo più volte, quasi a ripetermelo perché ancora non ci credo, non riesco a credere che sia finita e che ce l’abbiamo fatta a tornare tutti a casa!
Un mese che è durato un secolo! Non è stato un brutto spavento da lasciare dietro le spalle, come lo ha definito un mio vicino di casa, ma una lenta discesa all’inferno e ritorno, perché se l’inferno esiste non può che assomigliargli ve lo giuro. Non potrò mai dimenticare la disperazione e l’impotenza di vedere il mio bimbo ogni giorno sempre più debole e malato, appoggiato sulla mia spalla, senza più la forza di alzare la testa e guardarti. Non potrò mai dimenticare la paura, lo sgomento, la rabbia dei primi giorni nel leggere l’incertezza sul volto dei dottori. Non potrò mai dimenticare la mia corsa in macchina verso Firenze quando Elisabetta mi aveva comunicato al telefono che lo portavano in rianimazione, sembrava l’inizio della fine, il punto di non ritorno, piangevo e urlavo in macchina “Dio questo non me lo puoi fare! Questo non me lo puoi fare! Non è giusto”. Non potrò mai dimenticare lo sguardo impaurito di Gabriele dentro il casco per la ventilazione che ti guardava implorante senza avere più la forza ed il fiato per piangere, quasi a dirti “che mi stanno facendo? Perché non fate niente?”. Non potrò mai dimenticare Elisabetta che, con le guance rigate dalle lacrime ma un coraggio da leoni, urlava ad un piccolino ormai spossato sul letto “Io ti ci riporto a casa!!! Hai capito? Io ti ci riporto a casa!!! Io non ti ci lascio qui!!!”. Non potrò mai dimenticare quelle interminabili giornate in rianimazione a parlare ad un bambino tutto intubato e sedato, guardando fisso i monitor per vedere se respirava bene e se il suo cuore si affaticava, oppure passate davanti alla porta del reparto camminando continuamente su e giù.
Infine non potrò mai dimenticare tutti quei bimbi straziati, deformati, dalle sofferenze a dalle malattie. Non potrò dimenticare tutte quelle storie di disperazione conosciute su quelle poltroncine davanti alla porta della rianimazione, una disperazione talvolta senza nessuna possibilità di riscossa, nessuna speranza, per genitori spesso lontani da casa, dalle loro famiglie, da tutto.
Non posso, non posso ma non voglio dimenticare!
Prima di tutto perché su quelle seggiole della rianimazione ho rivisto con un occhio diverso tutte le cose. Ho sperato e pregato tanto di avere un’altra possibilità, di poter vivere la vita e soprattutto gli affetti non più “distrattamente” come ho sempre fatto, con la testa sempre altrove, ma consapevole di quel miracolo che è la quotidianità, la normalità, ogni piccolo momento.
Inoltre, non voglio dimenticare perché sono rimasto impressionato dalla vicinanza, dal sostegno, da calore che abbiamo ricevuto.
Io e mia moglie abbiamo delle famiglie splendide, che non ci hanno abbandonato un secondo, che hanno cullato, distratto e viziato gli altri due bambini in modo quasi esagerato, con un amore pari al nostro.
Abbiamo degli amici fantastici che ci hanno dato affetto, forza e coraggio.
C’è chi ha passato così tanto tempo davanti alla porta della rianimazione da essere scambiato per il babbo o per la mamma. C’è chi nel momento del bisogno ha fatto la voce grossa per me, fuori e dentro l’ospedale, quando io riuscivo solo a piangere e disperarmi. C’è chi è venuto con colazioni e pranzi al sacco per paura che non mangiassimo nulla per la tensione. C’è chi si è messo a cucinare la cosa che ti piace di più solo per dirti che ti vuole bene. C’è chi si è offerto di fare la notte con noi per tenerci compagnia. C’è chi non lo vedi mai ma c’è sempre nel momento del bisogno. C’è chi non ti vedeva o sentiva da tre anni ma come tutti gli amici d’infanzia dopo tre secondi che aveva saputo la notizia era già lì all’ospedale. C’è chi, abitando vicino l’ospedale, c’ha aperto casa sua come una sorella e come una sorella ci ha atteso per cena alle 11 la sera (quando uscivamo dalla rianimazione) solo per farci sentire più a casa. C’è chi si è offerto di aiutarti in ogni modo. C’è chi ha telefonato o massaggiato ogni giorno di questo lunghissimo mese. C’è chi non lo ha fatto solo per non disturbare ma ha chiamato tutti giorni chi era più informato. C’è chi non ti saresti mai aspettato che ti telefonasse e che ti lasciasse un messaggio in segreteria. C’è chi è riuscito a dire, con una telefonata o un messaggio, molto di più di quello che a volte si riesce a dire in una vita intera. C’è chi, pur avendo la responsabilità e la bega di amministrare una città, ti ha chiamato e sostenuto come se fosse un fratello. C’è chi, fa la pediatra al Meyer, si chiama Veronica, è una persona meravigliosa e ci vorrebbe un monumento per dirle grazie!
E poi c’è tutta la gente che ha pregato per lui, si può credere o meno a tutto questo ma l’energia emotiva che si è scatenata intorno a questo bambino mi ha commosso.
Oggi pomeriggio c’erano due bambini grandi che giocavano a fare la lotta in salotto sotto una scritta “bentornato Gabriele”, uno più piccolo che rideva divertito in braccio alla sua mamma ed io ero felice.
Grazie a tutti, vi porto nel cuore".