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VALDINIEVOLE STORICA
di Giancarlo Fioretti
Un cattolico moderato nei perigli del Risorgimento: l'avventura umana di Leopoldo Galeotti

27/3/2016 - 12:18

Che il nostro Risorgimento non sia stato un movimento autenticamente rivoluzionario lo si capì sin da subito. Alle cospirazioni dei mazziniani ed alle imprese garibaldine seguirono ben presto l'ordinata normalità dei Savoia e la flebile soggezione nei confronti di un Papato sconfitto ma mai domo. Gli aneliti di cambiamento totale erano rapidamente passati di moda, e con loro era stato accantonato anche ogni proposito di creare uno stato autenticamente laico. I cattolici, sia prima che dopo la Breccia di Porta Pia, furono fatti oggetto di attenzioni benevole da parte dei nuovi governanti piemontesi. Dopo averli rassicurati che casa Savoia non era la tana dell'Anticristo, dopo la presa di Roma ai cattolici non fu precluso nessun accesso verso un potenziale rientro nella vita pubblica. E, se ciò fu possibile, lo si deve anche all'operato di uomini come Leopoldo Galeotti, che del cattolicesimo liberale e moderato fu un autentico alfiere. Nato a Pescia nel 1813 in una famiglia della medio-alta borghesia, compì gli studi liceali nella sua città per poi laurearsi in Giurisprudenza all'Università di Pisa.

 

L'ateneo pisano costituiva all'epoca una sorta di zona franca del pensiero liberale, circondato da un mare di oppressione granducale. Con le dovute proporzioni, lo si può paragonare a quello che sarà negli anni Sessanta del Novecento il campus universitario di Barcley, negli Stati Uniti. A Pisa avevano mosso i primi passi sulla via del Risorgimento intellettuali come il monsummanese Giusti ed il pesciatino Forti. Da Pisa partiranno baldanzosi gli studenti a combattere lo straniero invasore nelle battaglie di Curtatone e di Montanara. A dire il vero, Galeotti tutto fu nella vita meno che un animo bellicoso. Appena si laureò, si trasferì a Firenze, dove le conoscenze familiari potevano assicurargli  un avvenire lavorativo. In riva all'Arno strinse ben presto amicizia proprio con Francesco Forti, pesciatino come lui e già inserito nell'ambiente culturale fiorentino. Forti collaborava già da tempo con L'Antologia che, come dice il nome, dava voce al  fior fiore (dal greco antos, che significa appunto fiore) dell'intellighenzia pre-unitaria. Questa prestigiosa rivista era pubblicata dagli intellettuali che gravitavano intorno alla figura di Piero Viessieux, che non tardò ad attirare lo stesso Galeotti nel suo entourage.

 

Pur non avendo idee perfettamente simili, quello che diverrà poi noto col nome di 'Gabinetto Viessieux' si mostrò particolarmente interessato al pensiero del nuovo arrivato. La percezione che fosse necessario un approccio morbido al problema dell'unità, era un fatto assodato. Se poi si somma anche il desiderio di cercare una giusta intesa col Papato...ecco descritto il pensiero di Galeotti. La sua stessa creatura giornalistica di maggior pregio, Il Conciliatore, fondata insieme al pubblicista Marco Tabarrini, porta nel nome stesso il suo 'modus operandi'. Siamo nel 1848 e, in un anno di rivoluzioni come quello, non era facile parlare dell'esigenza di un...Conciliatore. L'anno dopo dal suo ingegno prese vita un'altra rivista rimasta celebre nelle battaglie letterarie risorgimentali, Lo Statuto, che indica nella sua denominazione il fine ultimo di queste insurrezioni. Rientrata la marea rivoluzionaria, il Granduca si riaccomodò sul suo traballante trono ma, con lungimiranza, decise di concedere una costituzione, e Galeotti fu chiamato insieme ad altri a redigerla. E' in questo periodo che fa il suo ingresso nell'agone politico, entrando a far parte del area di pensiero che comprendeva Gino Capponi, Bettino Ricasoli e Raffaello Lambruschini. Si trattava di una corrente estremamente moderata del risorgimento italiano, desiderosa di giungere all'Unità d'Italia senza scossoni e soprattutto senza rivoluzioni sociali. Galeotti si identificò totalmente in essa, aggiungendoci altresì una forte componente cattolica moderata, come peraltro aveva già palesato nel 1849 pubblicando a Parigi l'opera 'Della Sovranità e del potere temporale dei papi', apparsa addirittura gradita all'allora pontefice Pio IX. Una volta raggiunto il traguardo unitario, per Leopoldo Galeotti si aprirono le porte del Parlamento.

 

Fu deputato per dieci anni consecutivi, rieletto in ogni elezione nel collegio della Valdinievole. Aderì alla Destra Storica convintamente e senza ripensamenti. Coronò poi la sua carriera politica con la nomina a senatore a vita, in una della infornate senatoriali seguite alla presa di Roma. Re Vittorio Emanuele II era stato di recente scomunicato da Santa Romana Ecclesia, ma capì che per ricucire con l'altra sponda del Tevere ci volevano uomini come Galeotti che, fino alla sua morte avvenuta nel 1883, non perse occasione per coinvolgere i cattolici nell'agone politico. Se, nel bene e nel male, si giungerà anni dopo al Patto Gentiloni ed al Concordato del 1929, possiamo affermare che il 'la' a questa sinfonia fu dato dal giurista pesciatino.
Come sempre, per meglio definire il personaggio, indichiamo libro, luogo, lascito morale.


LIBRO: 'Nascita di un liberale. Leopoldo Galeotti fra locale e nazionale'. A cura di A. Chiavistelli, V. Gabrielli e L. Mannori. Pistoia, Gli Ori, 2013
LUOGO: Montecitorio, poiché dagli Atti Parlamentari risulta che Galeotti era fra i parlamentari più assidui. Bravo.
LASCITO MORALE: Talvolta nella vita la mèta si raggiunge a piccoli passi, e mediando sempre. Questo era il suo pensiero.

 

di Giancarlo Fioretti

 
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