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di Laura Linguini
La Pasqua di un cuoco chissaà com'è....

4/5/2011 - 9:02


LA PASQUA DI UN CUOCO: CHISSA' COM' E' ?????

Rieccoci dopo la piccola pausa Pasquale!!!!!!Mi scuso con voi, miei affezionati lettori, per avervi abbandonato durante il periodo delle feste, spero abbiate trascorso dei sereni momenti e vi siate nutriti a sazientà di cioccolata e colombe.Detto questo, per dare un minimo di giustificazione e per farmi perdonare voglio raccontarvi delle mie vacanze pasquali, passate ai bordi di una stufa. Desidero traghettarvi un po' nel dorato mondo della ristorazione, coinvolgendovi nella quotidianità di un cuoco. Quando si inizia a fare questo mestiere si è perfettamente consapevoli che lo stile di vita a cui si sta andando incontro sarà sregolato e fuori dai comuni orari da ufficio; questo è il tipico mestiere da "ci devi essere quando gli altri si divertono".

 

Ancora adesso a me pare una cosa bellissima: da cliente in un albergo o ristorante, di fronte ad uno "staff only" scritto su una porta, mi sentivo terribilmente esclusa da un laborioso mondo di gente importante, individui affacendati, con le mani in pasta,dalle esistenze in continuo fermento. Il poter varcare quell'entrata, era ai miei occhi, un privilegio concesso solamente a persone speciali.Lavorare durante le festività poi mi sembra la cosa più "ganza" del mondo: significa infatti saltare noiose cene con parenti, pranzi infiniti, mille portate e sgaurdi fissi nel vuoto. Non c'è da sottovalutare poi la possibilità di lavorare il 31 dicembre evitando tutte le paranoie sul "cosa facciamo per l'ultimo dell'anno?????".

Mi hanno assicurato che, per quanto si possano detestare i propri parenti, dopo dieci anni, la nostalgia delle lasagne sbrucicchiate o dell'agnello fritto bisunto della nonna si fa sentire.

Gli assurdi orari a cui un cuoco è costretto rendono senza dubbio speciali anche i colleghi: con loro condividi, non solo interminabli ore, lavorando gomito a gomito in un unico grande organismo complesso, che è una brigata di cucina, ma necessariamente anche il pochissimo tempo libero: case del personale, spazi comuni, la birretta dopo il lavoro...

I colleghi diventano la tua nuova famiglia; vivere lontano da casa per molti mesi, fa provare verso questi estranei dei sentimenti di empatia fortissimi.

Quello del cuoco è un lavoro totale, non consente le mezze misure, ti entra dentro, ti plasma, ti rende elastico e aperto alle novità.

Ho trascorso la mia Pasqua lavorando circa 15 ore filate; a pranzo abbiamo festeggiato con qualche crocchetta di patate e scamorza affumicata , la sera un po' di colomba, mangiata tutti insieme, dopo una stremante settimana, per dimostrarci che anche per noi era festa. Lontano da casa ho ritrovato un embrione di nucleo familiare. Senza dimenticare la casa in cui sono nata e a cui appartengo.

Laura Linguini

 
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5/5/2011 - 16:11

AUTORE:
Laura Linguini

Per ch non l'avesse capito buona Pasqua anche se in ritardo, scusate!!!!!!!!