Valdinievole OGGI La Voce di Pistoia
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Rispondo al lettore che ha pubblicato il suo punto di vista in merito al camioncino dei panini . Io penso che volevano semplicemente dare un servizio alle persone che uscendo dalla discoteca possono avere .....
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Settimane di grande impegno per la Silvano Fedi, impegnata sia in gara che in campo organizzativo.

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L’ultimo dei tre appuntamenti, il Rally Città di Pistoia, ha chiuso l’annata con grande soddisfazione, dopo le dispute dei rallies “Valdinievole” e “Abeti”.

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A.S. Estra Pistoia Basket 2000 comunica di aver raggiunto l’accordo per la risoluzione consensuale del contratto con l’ala americana Elijah Childs.

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Dal 21 al 24 novembre va in scena la prima tappa della fase eliminatoria della Ibsa NextGen Cup 2025.

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L'ANGOLO DI ALESSIA
di Alessia Iacopini
Il Tribunale di Facebook

6/2/2012 - 12:45

La Primavera Araba, che ha incendiato nord Africa e Medioriente, in disparte ogni considerazione sull’evento da un punto di vista politico e sociale, ha fugato ogni dubbio – anche tra i più scettici – sul valore che i social networks possono assumere come mezzi di informazione.
Wikipedia ne parla in questi termini: “Le proteste […] hanno in comune l'uso di tecniche di resistenza civile, comprendente scioperi, manifestazioni, marce e cortei, talvolta anche atti estremi come suicidi e l'autolesionismo, così come l'uso di social network come Facebook e Twitter per organizzare, comunicare e divulgare gli eventi a dispetto dei tentativi di repressione statale. I social network tuttavia non sarebbero il vero motore della rivolta, secondo alcuni osservatori, per i quali "il network della moschea, o del bazar, conta assai più dì Facebook, Google o delle email"”.
Che ne siano i motori propulsori o degli strumenti coadiuvanti, quel che è certo è che hanno giocato un ruolo di prim’ordine in queste rivoluzioni.
Ma come viene utilizzato questo strumento nella vita di tutti i giorni, da parte di giovani (e non solo!)? Cosa si “condivide” con il mondo, qual è il messaggio che filtra?
Alcuni giorni orsono, le bacheche di Facebook sono state invase da simboli di lutto, corredati dalla seguente frase: “Mettete questo segno nella vostra bacheca per protesta contro una sentenza lacerante:‘Niente galera agli stupratori in branco’”.
Non si sprecano termini forti, evidentemente, come “protesta” o “sentenza lacerante”, in relazione ad una sentenza che, ad opera dell’ignoto autore di questo post, viene addirittura virgolettata, quasi fosse una citazione.
Naturalmente, ogni giorno centinaia e centinaia di click hanno pubblicato questa immagine, rafforzandola con commenti davvero sobri e moderati, come: “Vergogna”, “Schifo”, per passare ad apprezzamenti personali del calibro di “L’Italia in mano agli imbecilli” o “Sono dei pazzi scatenati” e “Brutto giudice di …”, concludendo con delle  sagge incitazioni, quali “al rogo senza appello”.
Per non parlare, poi, delle originali proposte avanzate da questi fior fiore di giuristi, indubbiamente meritevoli di essere assunti a tempo indeterminato quali consulenti parlamentari: “ed allora formeremo un branco ed andreo a prendere lo stupratore... che verrà stuprato con legni e bottiglie”.
La domanda si erge inquietante dai meandri del social network: “E se accadesse ad 1 loro famigliare?? Ma dove stiamo andando a finire?”.
Osservazione, ribadita da un altro utente, che giunge ad augurarsi: “speriamo che arriva ad essere stuprato quello che fa questa lege”.


Come avrete notato, l’unico – in questa vicenda – ad essere stato stuprato davvero è l’italiano (nel senso della lingua), questo sconosciuto, insieme al vetusto buonsenso.
Facebook strumento pericoloso per i dittatori, dunque, ma anche per la verità, che in questo fangoso terreno si fa strada a fatica. Alcuni giornalisti (e non) hanno contribuito a far luce sulla oscura vicenda, spiegando come la Corte di Cassazione (lungi dall’aver “fatto una lege”) abbia soltanto restituito al giudice il potere di scegliere la misura cautelare, come accade in relazione a tutti gli altri reati.
Misura“cautelare” – per inciso – significa che si applica prima della sentenza definitiva, pertanto può riguardare anche soggetti che saranno assolti; non è, quindi, una pena ma serve a neutralizzare i pericoli di fuga, inquinamento delle prove e reiterazione del reato. L’esistenza di questi rischi, nonché dei “gravi indizi di colpevolezza”, deve essere valutata dal giudice in concreto, il quale selezionerà – tra tutte le possibili alternative – la misura più idonea.
Ciò che è accaduto in relazione al reato di violenza sessuale è che, con una legge del 2009, il legislatore aveva limitato la scelta del tipo di misura cautelare da parte del giudice, prevedendo la custodia in carcere come unica misura possibile; una soluzione, questa, che oltre ad essere palesemente irragionevole conduce anche a conseguenze paradossali.
Infatti, in forza di questa legge, se il giudice riteneva che ci fossero gli elementi per la custodia in carcere, applicava quella, ed in caso contrario l’indagato restava libero, non essendo più possibile – ad esempio – applicare la misura degli arresti domiciliari.
In buona sostanza, una legge che intendeva punire più gravemente gli stupratori finiva persino per avvantaggiarli.
La Corte costituzionale, intervenuta su questo aspetto, ha dichiarato l’incostituzionalità della norma in questione, riaffermando la libertà del giudice nella scelta della misura cautelare più idonea. La sentenza della Corte di Cassazione, su cui si sono incentrate le proteste del web, ha semplicemente affermato che tale libertà deve aversi non solo nell’ipotesi di violenza sessuale “semplice”, ma anche in quella di stupro “di gruppo”. Il che è assolutamente ragionevole.
Squarciato il velo di Maya, le reazioni degli utenti di Facebook risultano quantomai grottesche. Al di là delle carenze lessicali, della pochezza intellettuale di certi commentatori, dell’indistinta e banale invocazione della violenza e della legge del taglione per qualsiasi (pur grave, anzi gravissimo) reato, ciò che vorrei sottolineare è l’assoluta pigrizia nel reperire le informazioni.
Il meccanismo è più o meno il seguente: vedo un post in bacheca, dice qualcosa di non ben definito su una non meglio identificata sentenza, recepisco i concetti chiave “NIENTE-GALERA-STUPRATORI”, mi assale un irrefrenabile moto di indignazione che sfogo digitando parole (?) ingiuriose e condividendo la notizia. Fine dell’indignazione.
Proprio mentre il web è pronto a sommergere qualsiasi diligente persona con valanghe di articoli, più o meno pregevoli ma quantomeno informati, grazie ai quali arricchire un minimo la propria conoscenza sull’argomento, per capire davvero come stanno le cose. Per cultura, ma anche semplicemente per dignità personale, giusto per evitare di fare la figura del fesso quando la balla viene riconosciuta.
Se in un mare di notizie, quale è il web, ci si accontenta di tre parole e sulla base di quelle ci si sente giustificati a diffondere ulteriormente la bufala, peraltro decorandola con epiteti irripetibili e deliranti farneticazioni, forse il problema dell’informazione in Italia non è solo a monte, grazie ad alcuni sedicenti giornalisti indegni di questa qualifica, ma anche a valle, quando i cittadini si accontentano della (dis)informazione che giunge tramite Facebook.

Fonte: Facebook, http://www.julienews.it/notizia/cronaca/lo-stupro-di-gruppo-delle-leggi-fatto-su-facebook/100573_cronaca_2_1.html , http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/02/03/domenico-gallo-per-favore-non-sparate-sulla-cassazione/
 
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