Valdinievole OGGI La Voce di Pistoia
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PISTOIA
Associazione Palomar: "Tante già le riaperture, ma ci sono enti che fanno le verifiche sulle attività lavorative?"

19/4/2020 - 11:08

Mentre i dati del contagio da coronavirus ci mostrano un quadro ambivalente (aumento del contagio e numeri costantemente elevati nei decessi, diminuzione di ricoveri e terapie intensive), e per questo preoccupante, è partito con insistenza il dibattito sulla riapertura delle attività produttive.
Ma qual è lo stato attuale? Quanti hanno continuato a lavorare? Quanti hanno riaperto il 14 aprile? Quale l’andamento della pandemia sul territorio?
E’ necessario unire questi dati, per dare risposte responsabili ed equilibrate.
Il contagio nel territorio provinciale pistoiese è pari a 536 casi (pari a quasi il 1,9% della popolazione, quarta in Toscana) con un andamento moderato ma stabile negli ultimi giorni; il tasso di letalità è il più alto regionale (12,68%). Nelle RSA non ci sono – fortunatamente – contagiati, né tra gli ospiti né tra gli operatori. Da dove derivano dunque i numeri relativamente alti di contagiati e assai preoccupanti di decessi? Auspichiamo che il sistema sanitario toscano stia approfondendo il dato e si dia qualche risposta, utile a pensare alle strategie di prevenzione, cura e assistenza, anche in vista di riapertura di nuove attività
Dai dati di Confindustria Toscana, sappiamo che durante il lockdown è rimasto attivo il 29% del manifatturiero pistoiese, pari al 31% degli addetti, e il 47% dei servizi alle imprese, pari al 50% degli addetti. Sappiamo bene, poi, che sono rimasti aperti – oltre ai servizi essenziali e alla filiera agroalimentare – le aziende florovivaistiche, sia per la produzione sia per la vendita (un settore che rappresenta un terzo dell’economia provinciale, anche per numero di addetti). Insomma, molti lavoratori pistoiesi sono rimasti in attività in queste settimane, spostandosi ogni giorno da casa a lavoro.
Dal 14 aprile, poi, abbiamo appreso che, tra le altre, ha riaperto Hitachi – inserendosi in uno dei nuovi Codici ATECO sdoganati col DPCM del 10 aprile scorso – una realtà di 1400 dipendenti, compresi indotto e interinali. Lo fa in modo progressivo, grazie a un accordo siglato con la RSU. Chiediamo: le autorità competenti sono state informate preventivamente? Sono state coinvolte?
Più in generale, chiediamo: per le aziende sempre in attività, e per le aziende che hanno riaperto, viene rispettato il Protocollo d’intesa del 15 marzo tra Governo e parti sociali sulla sicurezza dei luoghi di lavoro? La Prefettura, gli Ispettorati del Lavoro, l’ASL, stanno verificando il rispetto delle misure di prevenzione?
E’ possibile un’autorizzazione preventiva alla riapertura di un’attività? Se la normativa non è chiara, può la Regione con ordinanza stabilire procedure chiare e indirizzi circa le modalità con le quali – e con esse esclusivamente – un’attività può ripartire?
La sensazione è che ognuno possa fare quello che vuole allargando le maglie, in assenza di un’autorità pubblica che si assuma le responsabilità, dentro una proliferazione di organismi consultivi presso ciascuno livello istituzionale, e una difformità di provvedimenti tra Regioni e Comuni, decreti e ordinanze: quello di cui ora ci sarebbe un grande bisogno è un riordino di regole uguali per tutti, e di meccanismi certi di tutela per datori di lavoro e lavoratori.
Noi pensiamo che ad ogni riapertura delle attività debba corrispondere un preventivo test per accertare lo stato di salute dei lavoratori in relazione al Covid-19, che siano riprogettate procedure ed organizzazione del lavoro in funzione del contenimento del contagion, assicurando distanziamento, fornitura di DPI, fornitura diffusa di gel lavamani, frequente pulizia e sanificazione dei locali. E non solo. Provvedimenti previsti dal protocollo nazionale, da implementare sulla base di un principio di cautela e di buona prassi. Pensiamo che aziende con decine, o centinaia di dipendenti, debbano essere sottoposte a monitoraggio da parte delle autorità competenti, e all’attuazione delle eventuali prescrizioni conseguenti. Pensiamo che le istituzioni – il Comune, la Società della Salute, il Dipartimento Prevenzione ASL – debbano stabilire e programmare le riaperture, attivare a loro volta protocolli di sicurezza. Pensiamo che presso la Prefettura debba essere istituito un Tavolo di verifica e controllo con sindacati, parti sociali e istituzioni.
Noi vogliamo la ripartenza, e vogliamo che le persone non si ammalino e non muoiano più. 
 
Associazione Palomar

 
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