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Rispondo al lettore che ha pubblicato il suo punto di vista in merito al camioncino dei panini . Io penso che volevano semplicemente dare un servizio alle persone che uscendo dalla discoteca possono avere .....
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"Sempre agito legalmente": parla il direttore del ristorante Centrale

6/10/2020 - 19:18

MONTECATINI - “Contro di me un palese accanimento giudiziario, certe accuse ci hanno rovinato la vita. In queste situazioni sarebbe  necessario maggiore rispetto per le persone, invece da anni siamo trattati come carne da macello mediatico”. 
 
Parla il direttore del ristorante Centrale di piazza del Popolo a seguito della decisone del tribunale del riesame di Firenze che ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare, disposta dal gip di Pistoia nei suoi confronti, per l’ipotesi di intestazione fittizia di beni. Restituite anche le quote societarie all’amministratore Ina Frumos.
 
Nel luglio scorso, con un’operazione che fece scalpore in città, Paolo Posillico, 50 anni, originario di Prato e residente a Montecatini Terme, venne arrestato dalla guardia di finanza con l’accusa di essere il titolare di fatto del ristorante Centrale.
 
Il provvedimento, emesso dal gip del tribunale di Pistoia, prevedeva, oltre alla misura cautelare in carcere, anche il sequestro dell’esercizio commerciale e delle quote dei due soci Ina Frumos, 37 anni, compagna di Posillico e Tony Manna, indagati anche loro per concorso di trasferimento fraudolento di beni. 
 
Tutto questo, perché, secondo l’accusa, Paolo Posillico avrebbe gestito in modo fittizio il ristorante “per eludere le limitazioni in materia di misure patrimoniali antimafia”. 
 
Intorno a questa vicenda si è parlato molto di infiltrazioni della camorra, in particolare dei Terracciano, nel ristorante e bar che da anni è aperto con successo nel centro di Montecatini Terme. Anche il giorno dell’arresto ci fu uno spiegamento di forze, con mezzi ed elicotteri della guardia di finanza, che fecero pensare a un blitz in piena regola, condizionando l’opinione pubblica e macchiando indubbiamente anche la buona reputazione del ristorante e del bar Centrale.
 
Posillico era stato ritenuto un collaboratore della camorra per fatti a lui contestati risalenti al 2005, un “personaggio di notevole spessore criminale” come riportato sull’ordinanza di arresto. Ma niente di tutto questo è mai stato sentenziato da un giudice, da un tribunale, confermato da uno straccio di prova o accusa formulata contro lo stesso. 
 
“Come al solito - dichiara Paolo Posillico - hanno fatto un collegamento sbagliato che ha trasmesso alle persone, ai nostri clienti, ai fornitori, ai nostri dipendenti e alla mia famiglia, una visione non reale dei fatti. Colgo l’occasione per dichiarare con la massima tranquillità che non sono un camorrista e che non ho niente a che fare con la famiglia Terracciano. Anzi, mi ritengo un uomo serio e un bravo professionista della ristorazione. Credo che, chi realmente mi conosce, non possa che confermare quanto sto dichiarando, tanto che, dopo anni di intercettazioni telefoniche e indagini sul mio conto, non sono mai emersi rapporti con personaggi poco raccomandabili, tantomeno con i Terracciano ai quali vengo sempre associato senza prove”. 
 
“Non sono mai stato condannato, ho solo un’imputazione ancora in corso in primo grado, per fatti avvenuti quindici anni fa. E anche in quel caso hanno sbagliato, anzi credo che un giudice di buonsenso, una volta lette le carte, non possa fare altro che scagionarmi da queste accuse infamanti che hanno stravolto la mia vita di padre di famiglia, di imprenditore e anche dei miei cari. Ho fiducia nella magistratura e spero che questa storia si chiuda al più presto, visto che da 15 anni sto aspettando un giudizio. Sono sicuro di poter dimostrare la mia estraneità ai fatti”. 
 
Paolo Posillico si riferisce al maxi processo al clan Terracciano, in corso nell’aula bunker di Firenze, in cui figura tra gli imputati per “associazione a delinquere per stampo mafioso”.
 
“Questa vicenda - prosegue Posillico - mi sta danneggiando pesantemente. Ho sempre fatto il mio lavoro, che è gestire ristoranti, e oggi, come accertato anche dal Tribunale del riesame, assumo regolarmente il ruolo di direttore del ristorante Centrale, gestito dalla mia compagna Ina Frumos. Sentirsi dare del camorrista, leggere i titoli dei giornali, essere arrestato con uno spiegamento di forze enorme, fa male. Sto pagando a tutti i livelli: economico, personale e di salute. Spero davvero che sia fatta presto giustizia per riprendere, almeno a 50 anni, una vita normale e poter svolgere tranquillamente il mio lavoro, che è un diritto di ogni persona, senza ogni volta dovermi difendere da accuse così gravi e infamanti. Lo voglio ripetere: non ho mai avuto rapporti con la camorra e per questo mi sto rivolgendo anche all’Aivm, Associazione italiana vittime di malagiustizia”. 
 
In questo ultimo caso dello scorso luglio, Il Tribunale per il Riesame di Firenze ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare, disposta dal gip di Pistoia nei confronti di Paolo Posillico, per l’ipotesi di intestazione fittizia di beni.Il collegio fiorentino ha “escluso la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza”, evidenziando che dalla ricostruzione contabile allegata dalla difesa dell’indagato, fosse chiara la lecita provenienza dei fondi da parte di Ina Frumos, compagna del Posillico, socia della Centrale srl, anch’essa indagata.
 
Per altro verso, il Tribunale della cautela ha valorizzato gli esiti delle investigazioni difensive, dalle quali traevano ampia e lecita spiegazione tutte le condotte contestate a Paolo Posillico, ritenendo che lo stesso avesse operato correttamente come direttore generale del ristorante Centrale senza commettere alcun reato.
 
La vicenda, a oggi definita con il provvedimento di cui sopra, ha avuto un ulteriore seguito, con l’accoglimento dell’istanza di restituzione delle quote societarie e di quanto in sequestro all’amministratore Frumos che ha ripreso le proprie funzioni. Le notizie diffuse dalla stampa però restano. Come restano quei titoli in cui si faceva intendere che il ristorante Centrale, attività molto nota non solo a Montecatini Terme, fosse un locale di camorristi.  
 
“Sono stata da subito fiduciosa nella positiva definizione della vicenda - dichiaraIna Frumos, amministratore del ristorante Centrale - tuttavia mi ha francamente allarmato la circostanza che venissero disposte due misure così invasive nella vita del mio compagno, Paolo Posillico, e nella gestione di una attività assolutamente lecita, quale è quella che amministro al ristorante Centrale. Tutto questo avveniva senza che venissero fatte le opportune, quanto necessarie, verifiche in ordine alla provenienza dei fondi da me utilizzati per l’acquisto delle mie quote societarie, cosciente di aver sempre agito nella massima trasparenza e legalità”.
 
“Non voglio fare polemica con l’autorità giudiziaria - prosegue Frumos- dico semplicemente che le stesse osservazioni e considerazioni fatte dal Tribunale del riesame in applicazione di una giurisprudenza costante della Cassazione, avrebbero dovuto farle prima dell’applicazione delle misure cautelari. In tal senso, anche le modalità di “gestione” mediatica lasciano pensare, di come, talvolta, la serenità di una persona, del proprio nucleo familiare e il corretto andamento della propria attività, possano essere stravolte senza alcuna attenzione tramite canali di informazione che fanno passare per assodati fatti non accertati, e, nel caso che ci riguarda, smentiti clamorosamente dagli atti. E, visto come sono andati gli ultimi fatti, mi sono resa conto che questa non è più una questione di giustizia, ma un accanimento giudiziario contro il mio compagno Paolo, che ha provocato anni di sofferenza a lui e a tutte le persone che ci stanno intorno”.  
 
“Oggi posso solo dire di essere felice per mia figlia che ha appena sedici anni e che in forza di questa vicenda ha subito un vero e proprio shock, tanto da temere per la sua serenità mentale. Oggi potrà finalmente tornare a uscire a testa alta, orgogliosa del lavoro di sua madre e di suo padre”. 
 
Ina Frumos conclude anche con un pensiero per i suoi collaboratori: “Ritengo che, a prescindere dagli esiti della vicenda, la stessa doveva essere gestita con più rispetto delle persona, a maggior ragione perché nessun fatto era stato definitivamente (e forse nemmeno parzialmente) accertato. Ringrazio la magistratura, e in particolare i giudici del Tribunale per il riesame di Firenze che, come auspicabile, hanno avuto il coraggio e l’onestà intellettuale di prendere atto della realtà dei fatti. Ciò anche a tutela del corretto andamento dell’azienda e dei numerosi, circa cinquanta, dipendenti che vi lavorano e che hanno visto mettere a rischio il proprio posto di lavoro in un momento economicamente difficile come questo per le conseguenze del Coronavirus. Ringrazio i nostri avvocati Francesco Bevaqua e Decimo Lopresti, ringrazio tutte le persone che mi sono state vicine ed i clienti più affezionati che hanno ritenuto di non farsi condizionare, né dalle notizie dei giornali, né da quanto prospettato all’esterno al momento dell’applicazione delle misure cautelari”.

 
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