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Il panettone: origini, fratelli e lievito madre

20/12/2010 - 14:25

Il panettone: origini, fratelli e lievito madre

 

Ormai ci siamo dentro fino al collo, negare è inutile, mostrarsi cinici e anticonformisti non risolverà la questione: dolenti o nolenti il Natale è alle porte e tutti gli obblighi che questo periodo porta con sè devono, come ogni anno, essere assolti.

Se i più in questi giorni, sfidando le intemperie atmosferiche, annaspano fra i regali natalizi, spinti dall'auspicabile obiettivo di far bella figura col minimo investimento monetario, dal canto nostro non possiamo esimerci dal trattare un argomento attinente al periodo.

E Natale fa in primis rima con panettone: questo dolce milanese, scavalcati da tempo i confini del capoluogo lombardo, è diventato il simbolo gastronomico delle festività.

 

Se agli occhi del distratto fruitore questo può sembrare un esclusivo prodotto della tradizione meneghina, è in realtà banale rintracciare sulle tavole di ogni regione un meno celebre fratello del panettone: buccellato lucchese, zelten sudtirolese, bisciola della Valtellina, pandolce genovese, mecoulin valdostano, pan speziale nato a Bologna, panforte di Siena, strufoli napoletani non sono altro che pani dolci arricchiti, solitamente con frutta secca o spezie, nati dalla volontà contadina di rendere speciale un prodotto quotidiano e di facile produzione.

 

Tornando al panettone, attorno alle sue origni si sono create romantiche leggende; la più antica e celebre attribuirebbe la sua invenzione a un giovane innamorato del Quattrocento che, per ingraziarsi il padre dell'amata, fornaio, si improvvisa pasticcere, creando un pane ricco di burro, uova, zucchero, canditi, "il pan del Toni" dal nome del fornaio.

Al di là di miti e fascinose storie, assistere alla realizzazione di questo prodotto mostra come la cucina sia un mondo magico, fatto di esperienza, passione e di preziosi segreti svelati solo a chi ha lo spessore per meritarli.

Tutto parte dal lievito naturale; la sua importanza è vitale: non solo perchè il lievito deve avere la giusta forza per sostenere un impasto carico e pesante, ma anche perchè il lievito naturale dà a qualsiasi prodotto una straordinaria complessità di profumi. Ogni maestro mantiene in vita da anni il proprio lievito, che necessita di cure e nutrimenti quotidiani, perchè la rete di microrganismi batterici è una creatura che continuamente si modifica, la cui acidità, dovuta alla fermentazione, deve essere mantenuta sotto controllo. Il pasticcere con il solo olfatto è in grado di comprendere lo stato di maturazione del lievito: gesti carichi di esperienza, profonda conoscenza delle materie prime permettono di stabilire se il lievito è pronto per essere utilizzato.

 

Per conoscere tutta la magia del lievito naturale vi consiglio di visitare il sito www.gennarino.org/lievitonatu.

Il panettone ha poi bisogno di due impasti, uno della sera e uno della mattina, con altrettante lievitazioni, le cui tempistiche possono essere comprese solo da mani di artgiani navigati.

Finita la cottura, i panettoni vengono immediatamente infilzati con un lungo ferro e appesi a testa in giù in modo che i dolci non ricadano su se stessi.

Se fino ad oggi siamo abituati a mangiare questo prodotto solo durante Natale e dintorni, è degli ultimi anni è la proposta di molti pasticceri di sdoganare definitivamente il panettone e propornendone la vendita durante tutto l'anno; fra questi c'è anche Igino Massari, proprietario della pasticceria Veneto di Brescia, il cui panettone è ritenuto da molti il migliore d'Italia.

 

Riuscirà questa liberazione a intaccare la magia che ruota attorno a questo tradizionale dolce? Non c'è forse un tempo per ogni cosa? E non è forse vero che l'attesa prolunga il piacere?

Per adesso gustiamoci neve e panettone, buon appetito.

ps Appello importantissimo a tutti coloro che hanno il desiderio di consumare prossimamente del panettone: non affogate questo povero dolce in prosecchi, spumanti secchi, champagne o simili.

Se i vini secchi e frizzanti sono ideli per aprire un pasto perchè la loro effervescenza stuzza l'appetito dei commensali, causano la morte del palato se affiancati ad un dolce.

I dessert hanno sempre bisogno di vini dolci: l'abbinamento secco-dolce provoca la mortificazione della pietanza, svilita dall'infelice accostamento, e del vino percepito in questo caso come amaro e sgradevole.

Per concludere, bevete col panettone ad esempio del moscato o un passito, una malvasia.

Fermiamo questo orrendo massacro che va avanti ormai da troppo tempo.

Laura Linguini

 
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