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Sauro Magni: Il calcio deve ricominciare dai settori giovanili

10/2/2011 - 15:57

di ANDREA BIAGINI

MONTECATINI – Ogni volta che parlo con Sauro Magni, mi torna in mente quel giugno del 2007, trascorso perennemente con gli occhi puntati sul display del cellulare, in attesa di una sua telefonata. Quella chiamata che arrivò, come previsto, mi dette la possibilità di lavorare con lui nella Pistoiese.
Un anno piuttosto complicato, per le sorti dei colori arancioni, come ricorderà Sauro durante la conversazione qui di seguito, ma altrettanto ricco di esperienze per la mia vita professionale.
Non dimenticheremo mai, né io, né lui, quei momenti passati insieme, che sicuramente ci hanno legato molto.
Devo a Sauro molti insegnamenti: di calcio, di vita e di responsabilità, che non avrei mai potuto acquisire, dai pur tanti libri studiati, durante il mio percorso universitario: triennale prima, specialistico poi.  
In questa chiacchierata, Sauro, ci parlerà di sé e delle sue idee per migliorare il calcio, da uomo esperto e profondo conoscitore della materia qual è, a noi non rimane che ascoltarlo.
 
1) Da centravanti, quale sei stato, è veritiera la frase fatta che recita: “l’attaccante vive per il gol”?
 
Personalmente non vivevo per il goal, anche se era un qualcosa che mi veniva richiesto: dato il mio ruolo di attaccante. Premetto che mi sono sempre adattato a qualsiasi ruolo d’attacco, anche se la mia vocazione era più portata al dialogo con i compagni e non alla ricerca sistematica della conclusione a rete. Ho segnato oltre cento reti, nei campionati che ho disputato, ma credo di aver fornito parecchi assist ai miei compagni e procurato molti rigori, che molto spesso calciavano i così detti “rigoristi”. Insomma appartenevo a quel prototipo di attaccante più predisposto al gioco di squadra, senza però trascurare la conclusione a rete. Di certo ogni attaccante deve saper fare goal, altrimenti, deve cambiare ruolo, ma vivere ossessionati per il goal credo sia solo uno slogan.
 
2) La tua carriera comincia nelle giovanili della Pistoiese, ma prosegue al Sud, dove trovi la tua dimensione ideale: Nocerina, Cosenza, Potenza…
Raccontaci quegli anni e i tuoi gol, spesso decisivi, che ancora i tifosi ricordano, come si può vedere dai tanti forum online, a te dedicati.
 
Si, come hai già detto tu, ho fatto una carriera un po’ atipica, iniziata nelle giovanili della Pistoiese, ma svolta soprattutto a livello professionistico in squadre del Sud.
Sono stati tredici anni intensi sotto ogni aspetto, giocare al Sud è bello, per il calore e la passione dei tifosi, ma altrettanto stressante e faticoso, per i terreni di gioco non proprio perfetti e le trasferte a dir poco massacranti. Comunque credo di aver lasciato un buon ricordo, in ogni posto dove ho giocato, (solo a Cava de’ Tirreni ho completamente fallito entrambi i campionati), molti tifosi e non solo, si erano affezionati a me, forse per la mia semplicità e quel modo un po’: scanzonato, energico ed allegro che faceva parte del mio carattere. I goal a cui sono più affezionato, mi riportano ai miei primi anni agonistici, a livello professionistico, il primo, in un derby Matera-Potenza, del 1981 vinto per 1 a 0, quel risultato consentì: al Potenza di trionfare dopo ben quarantasei anni un derby a Matera.
Segnai 10 reti in quel campionato che mi consentirono l’anno dopo di andare a Cosenza, squadra che ci aveva superato di un solo punto arrivando seconda, e salire in C1.
La Pistoiese mi riprese, dopo quel campionato, ma non mi ritenne ancora pronto per la Serie B: per cui rifeci le valige e dopo un breve periodo a Potenza, (feci 5 gol tra coppa e campionato) al mercato autunnale dell’ottobre 1982, approdai a Cosenza. Aspettavano Speggiorin o Bresciani, due attaccanti di grido con precedenti in molti club di Serie A,  si ritrovarono un giovane di appena 21 anni, alla sua seconda esperienza nei prof. Fu amore a prima vista - ah particolare da non sottovalutare - eravamo ultimi. Giocai subito la prima partita a Pagani, vincemmo 1 a 0 gol mio, la domenica successiva arrivava l’Empoli, primo in classifica e imbattuto, vincemmo ancora 1 a 0, gol ancora mio. Con quelle due vittorie riuscimmo a fare un bel salto in classifica, a fine campionato arrivammo al quinto posto. Potrei raccontare tanti altri aneddoti, mi sono soffermato su questi perché ero giovane e riuscire ad essere così decisivo, è sempre stato un po’ il mio orgoglio, visto che passavo per un viziato e figlio di papà nella mia città. Mi sto scordando il goal, nel mitico stadio
S. Paolo di Napoli, con la Nocerina, sul finire della mia carriera in uno spareggio vinto per 1 a 0, era il 1993.
 
3) Ce lo hai appena confermato: non sei mai riuscito a giocare nella prima squadra della Pistoiese, per i colori della tua città. E’ stato un tuo cruccio?
 
Non è un cruccio, mi dispiace moltissimo, questo sì, almeno una presenza me la sarei meritata, ma è andata così e non ho rimpianti, anche perché, successivamente, Marco (mio fratello) ha totalizzato oltre 120 presenze ed è stato per due stagioni capitano. E’stato e sarà sempre un vanto, per la nostra famiglia, aver avuto Marco giocatore e poi capitano della Pistoiese.
 
4) Per diversi anni sei stato comunque dirigente della Pistoiese, con il ruolo di Team Manager, carica che hai ricoperto anche per la società storica della Spal. Ci spieghi come hai “interpretato” questa figura, così delicata per un club professionistico?
 
Credo di aver interpretato, in modo molto professionale, gli incarichi dirigenziali che ho svolto successivamente, alla fine della carriera agonistica. Il ruolo spesso non è indispensabile, quello che conta maggiormente, a mio avviso, è avere un atteggiamento propositivo nei confronti: della proprietà, dello staff tecnico, dei collaboratori e dei giocatori. Ritengo fondamentale il ruolo di un dirigente, all’interno di società professioniste, qualsiasi sia l’incarico, credo però doveroso, da parte sua, mettersi a disposizione, agendo più nell’ombra possibile, in modo che i suggerimenti o i consigli, restino all’interno della compagine societaria. Questo è il profilo che deve mantenere un professionista calcistico. Per ultimo, ma di notevole importanza, per un buon dirigente, resta quello di capire un po’ di calcio.
 
5) La grave crisi che affronta il nostro calcio ci obbliga a fare delle riflessioni. Sostituendoti per un mese al presidente della FIGC, Abete, cosa faresti al suo posto?
 
La riflessione, che mi viene spontanea, riveste un aspetto fondamentale, per le future buone sorti del gioco del calcio. Nello specifico ritengo decisivo riportare una normale logica gestionale, per ogni società calcistica, qualsiasi sia il campionato d’appartenenza. A questo proposito il ruolo, che rivestono i vari presidenti federali, diventa a dir poco fondamentale, devono essere capaci di restituire ai cosiddetti imprenditori, amanti dello sport, la possibilità e la voglia di fare calcio, devono ridisegnare insieme alle varie istituzioni o enti, un percorso economico/finanziario in grado di far sostenere, l’attività calcistica di ogni società, con i capitali propri: senza dover continuamente mettere a rischio il patrimonio personale del  presidente.
Deve essere coordinato un tavolo di lavoro, con strategie politico/sportive, che consentono di poter programmare, con maggiore serenità, l’intera stagione calcistica. Insomma aprire nuovi orizzonti d’investimento, concertati con i vari assetti politici e finanziari. Credo necessario programmare una serie di interventi, su una nuova e moderna impiantistica sportiva (stadi o centri sportivi) di proprietà delle società calcistiche,  per concedergli un capitale autonomo, così da fronteggiare meglio la richiesta del credito ai vari enti (banche, società finanziarie, assicurazioni). Se si continua a sostenere che: <> tutto il sistema rischia di finire in un vicolo cieco. Attualmente ci sono già, in questo percorso, le varie società di: serie D, di Prima  e di Seconda  Divisione (ex C1 e C2) a breve c’è il rischio che, anche la serie B, entri in questo vortice. Una sana riflessione di tutto il comparto federale, sull’intera attività calcistica ,deve essere attuata nel più breve tempo possibile.
 
6) Nella nostra recente intervista a Galante, l’ex giocatore dell’Inter, poneva la sua attenzione (e tutta la sua preoccupazione) riguardo il futuro del calcio italiano. I vivai non producono più talenti di un certo livello e i pochi giovani rimasti, sono chiusi dagli acquisti di stranieri di dubbie capacità.
Qual è la tua opinione?
 
Il mio pensiero purtroppo è uno solo: troppa poca professionalità nella gestione dei vari settori giovanili. Molta approssimazione e poche capacità d’insegnamento questi sono gli aspetti negativi e, anche in questo caso, è la federazione che deve intervenire e vigilare con maggior attenzione. Come ben sai il settore giovanile è materia molto complessa, per la formazione di un possibile giocatore, c’è da seguire un processo formativo che deve coniugare aspetti tecnico/tattici e comportamentali: mentalità, carattere, astuzia, disciplina; tutte componenti che solo buoni istruttori possono insegnare con professionalità. Se si torna a far lavorare con i giovani, allenatori di qualità, a breve ritorneranno in gioco anche i talenti. Se si fa calcio giovanile, solo per fare cassa, di buoni giocatori ne escono pochi. Per tornare sulle opinioni, espresse da Fabio Galante, sono anch’io seriamente preoccupato, però spero che lui sia un esempio per i giovani, lo vedrei bene: come allenatore del settore giovanile perché quello che ha ottenuto con Diamanti, potrebbe attuarlo con tanti piccoli giovani calciatori. Non lo conosco personalmente, ma si intuisce immediatamente  che capisce di calcio. Questi sono i personaggi che il nostro territorio deve sfruttare.
 
7) Quali sono le nuove sfide di Sauro Magni?
 
Basta con le sfide, oggi ci vogliono programmi seri per fare calcio, sia a livello di prima squadra, sia a livello di settore giovanile o scuola calcio. Senza di quelli è meglio stare in disparte.  
Io di sfide ne ho affrontate molte: da quando avevo diciannove anni, fino a due anni fa. Sono state abbastanza, non ti pare?
 
8) Beh, credo proprio di sì. Proprio tornando alle molteplici sfide, da te affrontate, guardando al passato, hai rimpianti o rimorsi?
 
Non ho nessun rimpianto e nessun rimorso, riguardo la mia carriera calcistica, sono un po’ inquieto, per come sono andate a finire le cose dell’A.C. Pistoiese, questo sì.
Essere stato dirigente della società della mia città, che è stata estromessa dal calcio professionistico, mi fa ancora male, anche se vedo che l’intera tifoseria e le istituzioni sono contenti dei risultati che sta ottenendo la nuova società. Questo un tantino mi rallegra, anche perché il percorso che, l’amministrazione comunale, doveva sostenere, è stato da me suggerito, ricordo ancora quei giorni: alcuni volevano un anno sabbatico, altri volevano iscrivere la vecchia società, altri ancora pensavano al Pistoia Club, dimenticando tutti che c’era un unico percorso per rivedere il nome Pistoiese iscritto ad un campionato, quello di costituire una nuova compagine sociale.
Meno male che, in quell’occasione, il sindaco Renzo Berti fu molto veloce di pensiero, ad ascoltare il mio suggerimento ed a metterlo in atto, in poco tempo.
 
9) Hai girato molto durante la tua vita, da calciatore e da dirigente, ma adesso vivi a Pistoia, con tua moglie e i tuoi bimbi.
Frequenti spesso la Valdinievole e soprattutto Montecatini, cosa ti sentiresti di suggerire perché avvenga un perfezionamento dei nostri territori?
 
Da sportivo ritengo Montecatini, come l’intera provincia di Pistoia, priva di strutture sportive idonee, questo è un aspetto che le varie amministrazioni dovrebbero “calendarizzare” per consentire, ai giovani ed anche ai meno giovani, di poter usufruire di impianti efficaci, sicuri e più moderni in modo da rendere, ogni attività agonistica, degna del ruolo che gli compete. 
Lo sport deve essere un principio formativo, ma riveste anche carattere sociale e culturale per cui, una buona programmazione e un buon funzionamento dell’intera disciplina sportiva, rappresenta per ogni istituzione un risultato importante. Da cittadino comune ritengo, invece, il lavoro il nodo più complesso da sciogliere nei prossimi periodi. Noto parecchia sofferenza e insoddisfazione per i problemi che i vari comparti lavorativi riscontrano attualmente, si rende necessario, anche in questo caso, un dialogo fra le varie forze istituzionali ed economiche, per far si che il lavoro torni a funzionare a regime, per il bene del nostro paese.
 

 

 
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AUTORE:
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AUTORE:
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11/2/2011 - 15:06

AUTORE:
sauro magni

Carissimo sportivo, innanzitutto grazie per il commento positivo alla mia intervista, riguardo invece le sue osservazioni gli confermo che il mio riferimento alla carenza di impianti sportivi riguarda tutte le discipline. Come Lei ha ben evidenziato la mia(nostra) città non ha un Bocciodromo che tanto bene farebbe all'intera attività ma non è dotata nemmeno di un campo di Rugby o da Hochey su prato ne di una palestra appropriata ed a norma per la Scherma ( abbiamo un olimpionico come nostro concittadino)ne di una Piscina Olimpionica.Tutte queste strutture non sono disponibili in nessun comune della ns provincia. Come vede c'è carenza d'impianti in diverse tipologie sportive. Il CONI ed il suo presidente Pederzoli sono molto sensibili al riguardo, insieme alle varie Istituzioni possono e devono garantire alle Federazioni di svolgere al meglio le proprie attività. Rimango a sua disposizione per trovare punti di coesione che lo sport in generale necessita.

11/2/2011 - 0:36

AUTORE:
Sportivo

L'intervista giornalisticamente è perfetta,devo però far osservare al Sig.Magni che la parte finale in cui lui parla di Montecatini e tutta la provincia di Pistoia sprovvista di strutture sportive,immagino parlando di calcio,si riferisca ai campi sportivi,mi trova poco d'accordo in quanto il calcio è lo sport nazionale per eccellenza ed ha sempre precedenza nell'allestimento delle strutture sportive Italiane.Questa mia tesi è avvalorata anche dal Comitato Coni di Pistoia che riconosce di non avere strutture per soddisfare le richieste delle tante federazioni nazionali affiliate Coni sul territorio Pistoiese,calcio escluso.Una città come Pistoia 90.000 abitanti non ha un bocciodromo comunale,unico esempio in Italia di capoluogo di provincia sprovvisto,voi mi direte ma le bocce non sono sport ed io rispondo che la federazione ha 125.000 tesserati ed è per numeri tra le prime in Italia.