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VALDINIEVOLE STORICA
di Giancarlo Fioretti
Gli anni ruggenti e l'impegno a tutto tondo del vescovo di Pescia Simonetti

19/6/2016 - 12:21

Soltanto chi ha provato in prima persona le distruzioni della guerra può desiderare ardentemente un futuro di pace. Questa era in estrema sintesi l'opinione di Angelo Simonetti, vescovo di Pescia dal 1908 al 1950, anno della sua morte. Quando, nel 1949, l'Italia fece il suo ingresso nella Nato, l'organizzazione militare strumento dell'egemonia americana, l'anziano prelato non riuscì a nascondere la propria perplessità.

 

Perplessità che sfociò in aperta condanna quando, nel 1950, gli Stati Uniti resero pubblico il loro piano di riarmo nucleare. Simonetti aveva ben capito che un tale atteggiamento avrebbe provocato un'incontrollabile proliferazione di armi atomiche, con il rischio concreto che alla prima occasione propizia ad uno dei contendenti venisse voglia di usarle. Le rovine di Hiroschima e di Nagasaki erano ancora fumanti, e nei pochi teatri di prosa appena ricostruiti o scampati alle bombe, si aveva pudore a rappresentare l'opera pucciniana Madame Butterfly, ambientata appunto nella Nagasaky di fine Ottocento. Con forza e vigore, dunque, in più di un'occasione pubblica, Simonetti, nella sua veste di Vescovo di Pescia, condannò questa folle corsa verso quella che poteva diventare una catastrofe terribile. Si schierò con tutte le sue forze contro le armi nucleari, fossero queste made in Usa oppure in Urss. Questa presa di posizione fortemente pacifista fece scalpore in un'Italia beghina appiattita, dopo il 18 aprile del 1948, sulle posizioni della Democrazia Cristiana.

 

La Dc faceva infatti dell'Atlantismo e dell'anticomunismo la sua arma vincente e trovarsi nel campo cattolico addirittura un vescovo pacifista, poco poteva rassicurarla. Gli strali di Simonetti contro le armi atomiche divennero in un battibaleno un caso nazionale. I telegiornali, i principali quotidiani ed agenzie di stampa corsero a Pescia per intervistare l'anziano sacerdote. L'Unità, organo del Partito Comunista Italiano, dedicò al caso del vescovo di Pescia pagine e pagine di interventi. Con le sue parole, Simonetti aveva fatto capire che il mondo cattolico non era un monolite al servizio del potere costituito, ma che al suo interno esistevano ancora spazi di confronto e criticità. Del resto Simonetti era stato molto vicino alle posizioni di Dossetti, nonché suo amico personale. 

 

E queste posizioni comuni in fatto di pacifismo e di dottrina sociali della Chiesa saranno poi le stesse che, pochi anni dopo, troveremo nell'operato del sindaco di Firenze Giorgio La Pira. Questo trait-d-union fra Dossetti, Simonetti e La Pira è evidente anche nella passione per la politica che ha accumunato questi tre personaggi. Simonetti, nel suo paese natale di Firenzuola, fu più volte consigliere comunale, assessore e persino vicesindaco. Lasciò la politica attiva soltanto quando gli venne assegnata la prima parrocchia nel comune di Montespertoli, nelle campagne fiorentine. Nato nel 1861, anno dell'Italia Unita, Simonetti studiò nel seminario sacerdotale del suo paese, arroccato nelle montagne fra Toscana ed Emilia. Subito considerato un enfant.prodige, non ebbe difficoltà a scalare i gradini della considerazione dei suoi diretti superiori.

 

Nel 1907 giunge la nomina a parroco, l'anno dopo quella a vescovo di Pescia. E' già un uomo sulla quarantina abbondante, ma per Simonetti il bello deveva ancora venire. Da vescovo non tralascia affatto il suo interessamento per le cose terrene, specialmente per quelle inerenti la politica. Diviene nemico acerrimo del deputato liberale del collegio della Valdinievole, il celeberrimo Ferdinando Martini. Liberale, massone e profondamente laico, Martini era considerato un autentico ras della politica italiana, tanto da ricoprire incarichi prestigiosi come quello di Ministro per le Colonie e governatore dell'Eritrea.

 

Simonetti non poteva tuttavia tollerare che la sua diocesi fosse rappresentata a Roma da un uomo in odore di ateismo e, nella tornata elettorale del 1909, cercò in ogni modo di far eleggere in parlamento l'avvocato fiorentino Donati, iscritto al Partito popolare. Con il mondo liberale, dunque, erede del pensiero di Mazzini e continuatore dell'ideologia illuminista, Simonetti mostrò di non avere assolutamente una consonanza di opinioni. E quando nel 1922, questo mondo fu spazzato via dall'irruenza del fascismo, Simonetti ebbe come molti italiani un atteggiamento di attesa. Capì tuttavia alla svelta che il rimedio era peggiore del male e che i nuovi padroni del vapore erano comunque destinati alla sconfitta.

 

Questa previsione si avverò nel disastro della Seconda Guerra Mondiale, quando anche la sua città d'adozione, Pescia, conobbe i lutti e le distruzioni del terribile conflitto in atto. Le truppe naziste, impegnate dai partigiani arroccati nelle montagne circostanti, si abbandonarono in città a terribili rappresaglie, fra cui l'impiccagione di oltre venti ostaggi lungo le strade cittadine. I ponti furono minati e fatti saltare in aria e  stessa sorte era stata programmata per l'intero centro storico della città. Solo l'energico intervento del pastore d'anime, che offrì la sua vita in contropartita, fece desistere i nazisti ed i collaborazionisti di Salò dal portare sino in fondo il loro proposito di morte e di distruzione. Finita la guerra, Simonetti tirò ancora una vota le fila del mondo cattolico, cercando di far risorgere anche nel suo territorio la struttura politica della Democrazia Cristiana. Fece questo con convinzione ma anche con spirito critico, come dimostrò, nel 1950 a pochi mesi dalla sua morte, quando disse no al riarmo nucleare.

 

Per questo stupendo personaggio, un libro, un luogo un lascito morale.
LIBRO: Cinquant'anni di vita diocesana, monsignor Angelo Simonetti Vescovo, a cura di Amleto Spicciani, edizioni ETS 2003
LUOGO: I ponti sul fiume Pescia, distrutti dai tedeschi ed inaugurati tutti appena ricostruiti con la presenza del vescovo Simonetti
LASCITO MORALE: Sempre autonomi, seppur fedeli ad un'idea.

 

di Giancarlo Fioretti

 
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20/6/2016 - 17:26

AUTORE:
Torre G.

Personaggio di spessore che ha guidato la diocesi di Pescia per 43 anni,in età avanzata (88 anni)venne nella mia Altopascio nel 1949 per impartirci la Prima Comunione o Cresima,non ricordo esattamente.
Era un prelato stimato e benvoluto da tutta la sua diocesi ,Altopascio e Montecarlo compresi.
leggendo la sua storia sono in sintonia con lui circa il ruolo avuto nel periodo bellico,pastore attento a salvare le vite umane,mediatore instancabile verso le truppe di occupazione.
La sua vita precedente ci parla di un prelato interessato alla politica ,forzatura del clero non condivisibile.

19/6/2016 - 15:13

AUTORE:
andrea f.

Una fede corroborata e plasmata dalla terribile esperienza della dittatura ed esaltata dalla rinascita della democrazia. Mi pare di vedere una certa vicinanza tra il protagonista di questa storia e colui che siede sul trono di San Pietro. A conferma che certi valori non hanno tempo né precise parti politiche.