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ATTUALITA' PROFESSIONI
Non si placano le iniziative per l'abolizione degli Ordini e degli esami di Stato

29/7/2011 - 18:02


Non c’è pace per gli Ordini professionali.

Dopo la prima bozza di manovra, la proposta di legge delega circolata in ambiti ministeriali (poi scomparsa), l’emendamento 39-bis della manovra correttiva (poi ritirato per ostruzionismo dei parlamentari iscritti all’Albo forense), con voci – persistenti – di abolizione dell’esame di Stato per commercialisti e avvocati, si torna a parlare di liberalizzazione delle professioni regolamentate.Ieri, a Palazzo Madama, il senatore PDL Raffaele Lauro ha presentato un disegno di legge costituzionale per abolire gli Ordini e l’esame di Stato. Una modifica sostanziale, perché andrebbe a sopprimere proprio l’art. 33 della Costituzione, “pilastro” normativo sventolato nei giorni scorsi da tutte le categorie interessate (in particolare, appunto, commercialisti e avvocati) per difendere l’istituto dell’esame abilitativo.

Va in scena, così, il quarto tentativo di “riforma” del comparto in poche settimane. E con una mossa di non poco conto, capace di minare alle fondamenta l’esistenza stessa degli ordinamenti professionali. La nota diffusa ieri chiama in causa, però, soltanto la revoca dell’art. 33 Cost., mentre – come noto – numerosi Albi sono stati costituiti in prima battuta durante il periodo fascista. La legge n. 897/1938, ad esempio, prevedeva l’impossibilità – per ingegneri, architetti, chimici, professionisti in materia di economia e commercio, agronomi, ragionieri, geometri, periti industriali e agrari – di esercitare la professione senza essere iscritti al rispettivo Albo. Aggiungendo che “coloro che non siano di specchiata condotta morale e politica non possono essere iscritti negli Albi professionali, e, se iscritti, debbono esserne cancellati”. Stessi natali per l’Albo dei giornalisti, che divenne operativo alla fine del Ventennio.

Questo, naturalmente, il riferimento storico, al di là delle successive regolamentazioni, come quella che – con il DLgs. 139/2005 – ha riunito ragionieri e commercialisti sotto un unico tetto, dopo decenni di separazione. Nel tempo, la ricorrente proposta di abolizione degli Ordini si è scontrata con la strenua autodifesa dei vertici delle diverse categorie, d’accordo nel sostenerne l’esistenza come tutela costituzionale della qualità dei servizi.

Per il senatore Lauro, primo firmatario della nuova proposta di legge, invece, l’eliminazione degli Ordini e dell’esame statale “è la prima e la più importante delle riforme liberali da realizzare, al più presto, nel nostro Paese, se vogliamo liberare energie per un nuovo sviluppo economico”.La riforma sarebbe motivata, secondo Lauro, dalla presenza di una forte “rendita monopolistica degli Ordini, che ostacola una vera concorrenza, nella misura di 11 punti di PIL in pochi anni, di cui ben cinque nei primi tre anni”. Eliminando quindi gli ostacoli alla concorrenza e portandoli a livelli europei – sostiene Lauro – circa metà della percentuale di PIL (pari a 5 punti) sarebbe colmata nel primo triennio. Il senatore cita così uno studio della Banca d’Italia (“Effetti macroeconomici di una maggiore concorrenza nel settore dei servizi: il caso Italia”, datato marzo 2009), ma non senza concedersi qualche “licenza poetica”. Stando allo studio, infatti, la citata “rendita monopolistica”, tale da frenare la crescita del PIL italiano di 11 punti percentuali, riguarda l’intero ambito dei servizi, di cui fanno parte (anche, ma non solo) le professioni.

 

Raffaele Lauro (nella foto): “Gli Ordini professionali si sono trasformati in corporazioni”

Quanto alla difesa dell’art. 33 in termini qualitativi, Lauro rincara la dose: “Gli Ordini professionali si sono trasformati in corporazioni, che hanno il solo scopo di difendere e amministrare privilegi, cioè costi aggiuntivi per i cittadini e mediocre qualità dei servizi”.Non si farà attendere la risposta delle categorie, anche se non è mai mancata, in seno ad alcune professioni, una corrente favorevole all’abolizione degli Ordini: esempio illustre fu, lato giornalisti, Indro Montanelli, che apertamente dichiarava, sdegnato, di non sapere nemmeno dove si trovasse la sede. Non è chiaro, insomma, se anche questo tentativo cadrà nel vuoto, come accade a progetti simili, ormai, da trent’anni a questa parte (la prima annunciata liberalizzazione risale al 1983, sotto l’egida dell’allora Ministro della Giustizia DC Clelio Darida).

Certo è che nei giorni scorsi Marina Calderone, Presidente del Comitato Unitario Professioni, aveva già speso parole dure nei confronti dell’attuale spinta liberalizzatrice, secondo lei fatta per “indebolire, fiaccare e appropriarsi delle professioni per farne utili, come un’azienda qualsiasi”. Riguardo, poi, al presunto avvicinamento all’Europa che con le liberalizzazioni si vuole raggiungere, per Calderone dovrebbe avvenire piuttosto attraverso “un rapporto più stretto tra formazione universitaria e mercato delle professioni”.

Fonte: Eutekne- Rossella Quaranta
 
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