Due vittorie e tre sconfitte nel bilancio dell’ultimo weekend del Pistoia Basket Junior.
A.S. Estra Pistoia Basket 2000 annuncia di aver raggiunto un accordo fino al 30 giugno 2025 con l’ala Maurice Kemp Junior. Il giocatore indosserà la maglia numero 9.
A.S. Estra Pistoia Basket 2000 comunica di aver raggiunto l’accordo per la risoluzione consensuale del contratto con l’ala americana Elijah Childs.
Dal 21 al 24 novembre va in scena la prima tappa della fase eliminatoria della Ibsa NextGen Cup 2025.
Le statistiche rappresentano gli ingredienti dei record e ogni primato dà vita a tantissime curiosità.
As Estra Pistoia Basket 2000 comunica che, in occasione dell’ultima assemblea del consiglio di amministrazione del club, è stato ratificato l’ingresso di una quinta persona che ricoprirà il ruolo di consigliere.
A.S. Estra Pistoia Basket 2000 comunica di aver raggiunto l’accordo per la risoluzione consensuale del contratto con il pivot Luka Brajkovic.
As Estra Pistoia Basket 2000 è lieta di annunciare la firma dell’accordo, fino al 30 giugno 2025, con l’ala/pivot americana, con passaporto lettone, Andrew Smith.
Il 22 novembre del 1942 fu l’inizio della fine per trecentomila soldati tedeschi, ormai accerchiati senza scampo dalle forze sovietiche. Ma le maggiori vittime tra i tedeschi le fecero il freddo, la fame. la sete, le tante malattie. La città era ormai ridotta a un cumulo di macerie, l’infezione dilagava, era assai difficile sopravvivere. Eppure gli uomini della Wermacht resistettero in quelle condizioni fino al febbraio del 1943 quando, in dispregio all’ordine del Fuhrer di resistere a ogni costo, centoventimila tra ufficiali e soldati si arresero. Certo non è che risolsero i loro problemi, solo seimila rividero la Germania. La battaglia durò cinque mesi, il numero dei morti e dei feriti superò il milione e mezzo. Gli italiani che parteciparono alla battaglia furono settantasette, ne torna- rono soltanto due. Certamente l’esito di Stalingrado fu decisivo per gli sviluppi futuri della contesa.
Ben pochi avrebbero pensato in quel lontano 27 settembre 1942 che le sorti di Stalingrado non fossero segnate e che ben presto si sarebbe celebrato il trionfo di Friedrich Paulus, intanto la città era sotto assedio e sotto bombardamento. Però ad un osservatore attento non sfuggiva che, specialmente di notte, dalle cantine, dalle fogne , dai sotterranei spuntavano soldati sovietici e cittadini armati che in teoria dovevano essersi ritirati dalla città e i suoi dintorni. Nella città del Volga e nelle sue periferie si combatté la battaglia che alla resa dei conti si rivelò determinante per le sorti della guerra. In Russia Hitler aveva varata l’operazione Barbarossa con 14o divisioni e oltre tre milioni di soldati sul terreno, in Africa si combatteva invece contro gli inglesi. Operazioni ambiziose per il dispiegamento di forze in campo, operazioni poi naufragate con le conseguenze che possiamo facilmente immaginabili. A questa fase avvenuta in Russia Alfio Caruso dedica il suo libro La battaglia di Stalingrado, Caruso è un grande giornalista ormai specializzatosi nella storia e sulle vicende dei soldati italiani e in Russia (compresi i 77 rimasti intrappolati nella città del Volga) e ad El Alamein ha dedicato romanzi e saggi. E’ quindi persona assai competente su questi fatti. Questo suo nuovo libro è diviso in due parti, la prima ci parla dell’attacco dei tedeschi con i sovietici che si difendono come possono, anche perché non si possono ritirare visto le draconiane disposizioni in materia di Stalin. La seconda invece di descrive la disfatta progressiva dell’armata tedesca, Per gli uomini della VI Armata non ci può essere scampo. Anzitutto i russi sono superiori negli armamenti, tra l’altro hanno un’arma micidiale come il carro armato T34, poi sono ben equipaggiati e ben coperti, hanno cibo, armi a profusione il che non guasta, ma le prime dotazioni nel tremendo inverno russo sono importantissime. I tedeschi invece scarseggiano sempre più di tutte queste cose, Hitler ha promesso rifornimenti ma non è in grado di mantenere la promessa, poi visto come si stanno mettendo le cose ordina di resistere fino all’ultimo uomo. Tutto questo inevitabilmente portò a conseguenze disastrose per tutti. Dopo sette mesi Stalingrado è un cumulo di macerie, e di 5oo mila abitanti ne son o sopravvissuti appena 1500. Inoltre sono caduti 500 mila soldati sovietici.. Tra i tedeschi furono contati 25o mila morti, 1o8 mila i soldati tedeschi prigionieri, più della metà dei quali perirono di fame e di freddo. Una tappa tutto sommato minore nell’avanzata germanica verso il Caucaso e il suo petrolio si rivela invece come l’iceberg per il Titanic, fatale ! Certamente fu la battaglia delle battaglie tra il nazismo e il comunismo sovietico. Nelle idee di Hitler l’operazione Barbarossa era una ulteriore sublimazione del suo pensiero, e la sorte dei prigionieri di razza slava lo dimostra, ne perirono ad esempio molti più che dei prigionieri inglesi e americani. E Alfio Caruso questo ce lo descrive attingendo a fonti documentarie dell’una e dell’altra parte, diari di guerra, resoconti giornalistici, ricordi dei superstiti.
Ma altrettanto decisiva fu la mobilitazione che Stalin fece del suo popolo che si ribellò in massa all’invasore e lo combatté con estrema ferocia. Una ferocia dapprima ideologica tra le due parti, e poi portata alle estreme conseguenze sui campi di battaglia. La battaglia di Stalingrado è un romanzo completo, perché appunto ci presenta non solo le molle teoriche e propagandistiche che fanno da contraltare alla storia ma anche tutto quanto riguarda l’andamento della battaglia, gli assalti, gli agguati, i ruoli degli ufficiali e dei soldati sul campo, le varie decisioni e soluzioni adottate, anche la tenuta morale dei soldati e dei loro comandanti. Paulus era succube di Hitler, Goring farneticava sui cedimenti dei russi, mentre stava avvenendo il contrario. I quali russi si trovarono nettamente in difficoltà e impreparati all’inizio dell’assedio, ma l’abilità dei vari Zukov, Krusciov, Eremenko, uniti al senso di riscossa cui Stalin ha chiamato il Paese faranno il resto.
di Giuseppe Previti