La diciassettenne Virginia Martelli, che vive con la famiglia a San Baronto, ha conquistato, per il secondo anno consecutivo, il gradino più alto del podio.
Si è svolta domenica 26 gennaio presso la piscina intercomunale Larciano-Lamporecchio, la seconda tappa della ventiduesima edizione del Campionato interregionale di nuoto-Trofeo Giacomo Di Napoli.
Erano circa 600 i partecipanti alla sesta edizione della gara podistica <<Half Marathon Città di Montecatini Terme>>, sulla classica distanza di km 21,098 e organizzata alla perfezione dalla società Montecatini Marathon.
L’Ippodromo Snai Sesana torna protagonista in questo nuovo anno aprendo i battenti, anche questa volta, alla ‘Half Marathon città di Montecatini Terme’.
Consueto punto settimanale sull’attività del Pistoia Basket Junior che chiude un weekend particolarmente positivo. Di seguito il resoconto delle varie partite disputate dalle squadre biancorosse del settore giovanile.
Domenica scorsa, oltre al ritorno al successo sul campo per Estra Pistoia nel campionato di Lba, si è celebrata una intensa giornata di relazioni e business anche al di fuori del parquet grazie al primo “Biancorosso day”.
Ancora soddisfazioni per il Kodokan Montecatini, storica scuola di judo della Valdinievole.
Numerose presenze in gara, due vittorie e altri interessanti piazzamenti.
"Raccontami un libro", di Maria Valentina Luccioli
Da lunedì 20 gennaio al 30 marzo la mostra fotografica “La comunità dei muri”.
Nei giorni scorsi si è tenuta una nuova udienza istruttoria presso il Tribunale militare di Roma per la strage nazista del Padule di Fucecchio. In aula sono stati ascoltati i sindaci di Ponte Buggianese e di Larciano Pier Luigi Galligani e Antonio Pappalardo che, rispondendo all'avvocato di parte civile Massimo Brancoli, al procuratore militare De Paolis e al presidente del Tribunale, hanno ricostruito quella terribile strage che ha segnato il nostro territorio.
Era il 23 agosto 1944 quando la ventiseiesima divisione dell’esercito tedesco, con il pretesto di cercare i partigiani, aprì il fuoco sui civili, uccidendo anche donne e bambini, per un totale di 184 vittime.
Il sergente britannico Charles Edmonson, presente alla strage, racconta così quanto accaduto:
"Gli sfollati, in maggioranza donne e bambini, furono svegliati dal suono dei mitragliatori. I tedeschi bussarono alle porte e ordinarono a tutti di uscire (…).
Mentre le persone inforcavano l'uscio vennero falciate dalle raffiche dei mitra. Alcuni di quelli rimasti illesi nella prima sventagliata ebbero la presenza di spirito di gettarsi a terra. Ma i soldati continuarono a sparare ai morti e agli agonizzanti finchè nessuno si è mosso più".
Il processo, dunque, si celebra oggi, a distanza di oltre sessanta anni da quei tragici accadimenti; recentemente si è, infatti, scoperto il cosiddetto "armadio della vergogna" - ove dagli anni '60 erano stato archiviate "provvisoriamente" documentazioni fondamentali relative agli eccidi nazi-fascisti avvenuti in Italia durante l'occupazione – e ciò ha consentito di avviare le indagini relative alla strage del Padule di Fucecchio.
Il lungo tempo trascorso, il fatto che gli imputati siano molto anziani – uno di questi è deceduto lo scorso anno, i restanti tre sono ultraottantenni –, nonché le difficoltà che presumibilmente caratterizzeranno l’eventuale condanna della Germania al risarcimento del danno (che già stata condannata ai risarcimenti per la strage di Civitella della Chiana, ma il Governo tedesco ha impugnato quella sentenza al Tribunale dell’Aja) non minano tuttavia il valore e l’importanza di questo processo; e ciò anche alla luce del preoccupante clima di revisionismo storico che imperversa in certe frange estremiste.
Di questa triste storia, che tutti noi conosciamo, voglio raccontare due particolari che più mi hanno colpita, consegnandoli ai lettori per una riflessione sull’orrore di quel giorno che purtroppo è scolpito nella storia della nostra terra.
Il primo è quello di una giovanissima donna non vedente, alla quale i soldati, approfittando della sua vulnerabilità, hanno infilato una bomba a mano nella tasca del grembiule.
Il secondo è narrato dallo stesso sergente Edmonson:
"A un certo punto alcuni soldati tedeschi si avvicinarono a un bimbo di 27 mesi che piangeva tra le braccia della madre morta. Uno di loro spaccò la testa del bambino con il calcio del fucile. Il piccolo ammutolì".
Di fronte ad una simile raccapricciante crudeltà è difficile esprimere un commento: ogni parola, ogni aggettivo che possiamo utilizzare per descrivere certi episodi risulta drammaticamente inadeguato.
Proprio per questo motivo è indispensabile che ognuno di noi faccia tutto il possibile affinchè certi fatti non vengano dimenticati: perché non debbano mai più ripetersi, è necessario che queste storie vengano raccontate una, mille, milioni di volte, devono educarci, dobbiamo sentirle parte di noi e della nostra identità sociale, storica, personale.
Solo così è possibile dare un senso a quelle vite spezzate, e sulle ceneri di questa strage, così come di tutte le altre che purtroppo hanno insanguinato il nostro Paese, potrà sorgere una nuova civiltà, un popolo consapevole che ripudia quella violenza, oggi e sempre.
Alessia Iacopini