Una nuova cintura nera per il Kodokan Montecatini. Sabato 14 dicembre, presso il Palagolfo di Follonica, si sono tenuti gli esami federali della regione Toscana Judo per il passaggio a cintura nera.
In arrivo l’ultimo weekend di attività del 2024 anche per il Pistoia Basket Junior che si lascia alle spalle giorni abbastanza positivi con un bel tris di affermazioni tra Under19, 17 e 13.
Arrivato a poche ore dalla sfida disputata dall’Estra Pistoia Basket 2000 sul campo della Nutribullet Treviso, e subito gettato nella mischia da coach Zare Markovski, per Maurice Kemp Jr la sua integrazione all’interno del gruppo-squadra biancorosso è stata, gioco forza, rapida e velocissima.
A.S. Estra Pistoia Basket 2000 comunica che il consigliere Dario Baldassarri assume l’incarico di responsabile delle relazioni esterne di Estra Pistoia Basket 2000.
Manifestazioni finali per gli atleti della Silvano Fedi in questo positivo 2024.
E siamo a 6 candeline per la Terme Parkrun l'evento che ogni sabato mattina, con partenza alle ore 9 dalle Terme Tamerici, permette di fare 5 km nella nostra bellissima pineta.
È di Pieve a NIevole il nuovo campione italiano Under 16. Matteo Gribaldo, tennisticamente cresciuto allo Sporting Club Montecatini con Daniele Balducci (e da pochi mesi tesserato per il Tc Pistoia), ha sconfitto in finale a Tirrenia Simone Massellani.
L’ultimo impegno agnostico d’importanza nazionale del 2024 ha avuto luogo presso il tiro a segno di Milano nel fine settimana appena trascorsa, dove si sono disputati il Campionato d’inverno e la fase nazionale del Campionato giovanissimi.
"I miracoli non esistono", un romanzo amaro sul Natale.
Si chiude il cerchio sul tema “Informazione e disinformazione”, iniziato nel suo primo lavoro, pubblicato nel 2018.
Non una di meno Pistoia interviene "contro la militarizzazione e la privatizzazione della scuola pubblica".
"Oggi e domani si svolgerà a Pistoia il salone dell’orientamento organizzato dalla Provincia di Pistoia, dall’ufficio scolastico provinciale, dalla Camera di commercio Pistoia-Prato e dalla consulta degli studenti.
Citando le parole della Provincia, l’intento dovrebbe essere quello di “consentire agli studenti in uscita dalla terza media di avere una visione d’insieme dell’offerta formativa del territorio”, poiché “la scelta giusta della scuola secondaria di secondo grado è un elemento chiave della serenità degli studenti e non meno delle loro famiglie".
Come transfemministə ci chiediamo come questo sia possibile in un salone che promuove un tipo di scuola militarizzata e privatizzata.
Infatti, nel programma è presente un dibattito tra tutti i rappresentati delle forze dell’ordine dal titolo “Orientarsi nel futuro: carriera militare e nelle istituzioni pubbliche”. Questo è uno dei tanti modi con cui la guerra si fa spazio nei luoghi della formazione, con cui si esaltano la militarizzazione e la cultura della difesa nei valori della patria, del sacrificio, dell’eroismo ecc. e con cui le forze armate si cristallizzano nel ruolo di soggetti educanti di una platea di studentə dispostə ad essere soldatə o comunque cittadine silenti esecutorə.
La guerra e il militarismo sono inconciliabili con il femminismo e non perché per vocazione naturale dobbiamo prenderci cura dell'umanità o perché, attraverso la maternità, siamo naturalmente portatə per la vita. Siamo contro la guerra perché è uno strumento di dominio che impone sfruttamento, morte, povertà, repressione, migrazioni forzate, campi di reclusione e prigionia e alimenta disuguaglianze. Il nostro sguardo transfemminista ci porta a sottolineare come l’accettazione e normalizzazione della violenza patriarcale e della guerra siano una necessaria all’altra. Insegnare che la violenza esiste e che occorre non solo farsene una ragione, ma imparare ad esercitarla per affermarsi, educa all’accettazione della sua espressione più atroce, la guerra.
Ci opponiamo alla cultura della guerra in quanto apice dell’educazione violenta e individualista, che cristallizza i concetti patriarcali di sicurezza e difesa. Vogliamo riappropriarci dei concetti di sicurezza e autodifesa costruiti attraverso i legami sociali tra le persone, senza delegare alle autorità militari o di polizia. La cultura militarista agisce facendo leva sull’oppressione che le persone subiscono nella società e nei contesti formativi, offrendo una prospettiva di forza e affermazione che segue schemi nazionalisti e patriarcali. Per scardinare questa dinamica vogliamo riappropriarci dei bisogni e dei desideri per modificare le condizioni in cui si vivono i contesti formativi, basandosi sui principi di cura, dialogo e condivisione.
Essere antimilitaristə, significa schierarsi contro ogni forma gerarchica e di dominio, significa scardinare l’immagine che la società ha della donna, significa rivendicare l’autodeterminazione e la costruzione di un mondo basato su altri sistemi possibili, che non prevedano la sopraffazione ma l’orizzontalità, il riconoscimento dell’altrə, sicuramente non fondati su una presunta identità nazionale, e che garantiscano l’auto-sostentamento attraverso il mutualismo e la responsabilità condivisa. Spezzare le catene patriarcali vuol dire distruggere le istituzioni totalitarie, a partire dagli eserciti, da tutte le “forze di sicurezza” e dalle loro prigioni, per gettare le basi di un mondo realmente inclusivo da condividere assieme senza gerarchie, senza dogmi e senza confini. Soprattutto in questo momento dove gli scenari di guerra si moltiplicano dalla Palestina, al Libano, al Sudan e contemporaneamente nelle nostre città si prevedono misure sempre più restrittive come quelle proposte dal ddl1660.
Inoltre al salone sono presenti moltissime università ed istituti privati, i cosiddetti Its Academy. Il chiaro tentativo, già perseguito da questo governo, è quello di istituire una scuola-azienda fondata sulla separazione tra la teoria e la prassi, tra chi pensa e chi fa, tra licei e istituti. Questo rafforzando la morsa dello sfruttamento, enfatizzando il paradosso dell’alternanza scuola-lavoro: non più il “solo” lavoro gratuito dellə studentə per le aziende, adesso sono lə studentə a dover pagare per poter lavorare senza retribuzione.
Per non parlare dell’altro dibattito previsto dal titolo “il benessere dei nostri studenti”, a cui ancora una volta prende parte un esponente delle forze dell’ordine. Come nudm chiediamo un’educazione sessuale e affettiva vera, che riguarda la persona nella sua totalità e tiene insieme gli aspetti fisici, cognitivi, emozionali, sociali e interattivi della sessualità. Un’educazione che tutela la salute riproduttiva e sessuale, ma anche una misura di prevenzione primaria della violenza di genere e dei fenomeni discriminatori. Questi incontri invece hanno solo lo scopo di tessere paure sulle conseguenze, non modelli relazionali alternativi che prevengano o eliminino la possibilità che si verifichino atti di cyberbullismo o violenza di genere. Per contrastare la violenza di genere non servono pene più dure ma è necessario rivoluzionare la società in cui viviamo partendo da come da bambinə interiorizziamo l’idea di mascolinità/femminilità, di potere/sottomissione, di gerarchia e di forza. Rifiutiamo un sistema educativo che trasmetta gli unici valori di "Dio, Patria e famiglia" e alimenta la cultura della violenza. È necessario investire nell’istruzione, nella casa e nella salute e lottare per i diritti per tuttə, da nord a sud, senza autonomia differenziata o altri privilegi. Basta economia di guerra. Basta guerra interna e basta guerra esterna. Inoltre il benessere del ə studentə è messo a dura prova dalla pervasività dell’ideologia del merito. Nell’ansia da prestazione, nella paura di non farcela, nel terrore dell’umiliazione pubblica e della violenza verbale se non si raggiunge quello che viene deciso da qualcunə altrə come “l’abbastanza necessario”, si annidano malessere e necessità inespresse o silenziate. Ci opponiamo a una scuola meritocratica che esercita, nascondendosi dietro il premio ai migliori, esclusione classista da un lato, allineamento e assoggettamento ai modelli e ruoli previsti, dall’altro.
Se questa è la scuola che la Provincia di Pistoia immagina, noi siamo qui a contrastarla con forza. Il 23 novembre, per il 9° anno consecutivo scenderemo in piazza a Roma al grido di “Disarmiamo il patriarcato”. Disarmare il patriarcato significa quindi spezzare le armi proprie di questo sistema di oppressione come il ricatto del lavoro, la militarizzazione dei territori, la violenza di genere, la violenza sessuale, l’educazione sessista e coloniale, il ricatto del permesso di soggiorno, il razzismo e la violenza istituzionali, la piramide della violenza e la cultura dello stupro".