Domenica scorsa, oltre al ritorno al successo sul campo per Estra Pistoia nel campionato di Lba, si è celebrata una intensa giornata di relazioni e business anche al di fuori del parquet grazie al primo “Biancorosso day”.
Ancora soddisfazioni per il Kodokan Montecatini, storica scuola di judo della Valdinievole.
Numerose presenze in gara, due vittorie e altri interessanti piazzamenti.
Mooneygo Basket 2000 Senigallia - Acqua dell'Elba Nico Basket 64-72
Dopo due mesi e mezzo l’Estra Pistoia Basket torna finalmente alla vittoria nella 16° giornata di Lba 2024/25 al termine di un match vietato ai deboli di cuore in un PalaCarrara infuocato e dopo una partita che sembrava già indirizzata per gli ospiti nel primo tempo.
Secondo weekend del mese di gennaio e proseguono gli impegni, nei rispettivi campionati, per le squadre biancorosse fra gironi di ritorno che iniziano a entrare nel vivo oppure la seconda fase già dietro l’angolo.
Ad assistere agli allenamenti delle Pink Girls, infatti, c’erano il commissario tecnico della Nazionale femminile Under16 Giovanni Lucchesi e il dirigente responsabile delle attività femminili nazionali della Fip Roberto Brunamonti.
Dopo i 6 punti e 6 rimbalzi nel match di esordio in maglia Estra Pistoia Basket 2000, per Derek Cooke Jr sono giorni importanti per conoscere al meglio l’ambiente biancorosso, entrare nei meccanismi di squadra sul campo e nell’alchimia di spogliatoio.
"Raccontami un libro", di Maria Valentina Luccioli
Da lunedì 20 gennaio al 30 marzo la mostra fotografica “La comunità dei muri”.
Sino alla metà del secolo scorso, entrando a Pescia da Porta Fiorentina la prima cosa che balzava agli occhi era il gran numero di botteghe e laboratori artigiani che lavoravano il rame od il ferro.
In quella parte di città un tempo periferia, era sorto con il tempo un vero e proprio polo artigianale, ben raggiungibile dalla numerosa clientela proveniente da Montecatini, da cui giungevano le commesse maggiori. E, in una di queste caratteristiche stradine fra il Duomo e la Porta, aveva una sua officina anche Dante Innocenti, professione fabbro ferraio, che peraltro abitava in un piccolo appartamento a pochi metri dall'ingresso della città. Dante, per le vicissitudini della vita, aveva costituito quella che i benpensanti chiamano una 'famiglia allargata'. Noi la chiameremo una famiglia e basta, costituita dalla moglie Zelinda, dal figlio avuto dalla precedente unione Rosolino, e da Ferdinando. che vide la luce a Pescia nel 1891.
Siamo in piena Belle Époque, ma della vita scintillante che scorreva veloce come un can-can ne fruivano soprattutto i padroni, pardon, i grandi proprietari. Gli artigiani come Dante si barcamenavano come potevano e, quando un amico di famiglia gli propose di trasferirsi a Grosseto per avviare un'attività di ferramenta, non ebbe nessuna remora ad abbandonare la Valdinievole per far rotta verso la Maremma.
La zona del Grossetano era, ad inizio Novecento, una sorta di Eldorado, un piccolo West americano versione tricolore. Poco, anzi pochissimo popolata, la Maremma iniziò ad attrarre tutta quella manodopera d'eccedenza che, in molte zone d'Italia, stentava a collocarsi. Giunsero così, in un territorio non ancora del tutto bonificato dalle paludi, i romagnoli, gli abruzzesi, gli immancabili veneti, ma anche i corsi, gli aretini ed i pistoiesi.
Tutti a cercar fortuna. Pochi quelli che la trovarono davvero (Maremma amara, recita una vecchia canzone popolare....). Dante fu fra quelli che la trovò davvero. Le sue attività prosperarono, comprendendo adesso sia la vendita ma anche la produzione di articoli in ferro. Con le attività divennero grandi anche i figli, che ben seppero al momento giusto prendere il testimone dall'anziano padre. Ferdinando, in particolare, dimostrò di avere quello che un tempo veniva definito il 'pallino per gli affari'. La sua idea di vendere rottami di ferro in cambio di olio lubrificante si rivelò azzeccata. La Fratelli Innocenti prosperava, in una Maremma che, ben prima del fascismo, conobbe un autentico boom economico. Come però accade, anche i più grandi tenori steccano sul palcoscenico. E Ferdinando steccò investendo i proventi dell'attività in una banca che, ad inizio degli anni Venti pareva un colosso: la Banca Italiana di Sconto. Nel 1921 la banca fu messa in liquidazione dall'oggi al domani, gettando nel panico molti risparmiatori. Una specie di caso 'Banca Etruria' ante litteram, che prosciugò del tutto le finanze della famiglia Innocenti.
La botta fu violentissima, ma fu proprio in questo frangente che Ferdinando trovò una delle prime idee geniali che contribuiranno a renderlo uno dei più grandi capitani d'industria del nostro Paese.
Iniziò a collaborare con il Gruppo Dalmine, una ditta leader nella siderurgia con sede nella omonima cittadina del Bergamasco. Innocenti capì che uno dei prodotti più importanti dell'azienda lombarda, i tubi, potevano avere uno sviluppo tecnico davvero sorprendente.
La sua invenzione del 'gancio di raccordo', servì a fare dei tubi metallici i sostituti delle pericolose impalcature di legno usate sino ad allora nell'edilizia. Il successo fu enorme, e lo schiaffone della Banca di Sconto archiviato....
Siamo alla vigilia degli anni Trenta, e l'Italia col fascismo si illude di galoppare verso il progresso. A Roma, dove Innocenti ha spostato le attività aziendali, qualsiasi attività lavorativa comporta almeno una certa adesione al regime. Innocenti non fa eccezione, evitando tuttavia un coinvolgimento totale con la dittatura (come invece a Torino farà la Fiat di Agnelli e Valletta). Nell'Urbe, casomai, grazie all'amicizia con Franco Ratti, nipote di Pio XI ed azionista della Dalmine, Innocenti entra nel giro delle forniture pontificie. Con i suoi tubi realizza impianti d'irrigazione nella villa di Castel Gandolfo e nei Giardini Vaticani, oltre che un impianto antiincendio per la Cappella Sistina. La ditta cresce e vengono acquisiti nuovi spazi produttivi al nord, fra cui i celebri stabilimenti di Lambrate, nel milanese, e di Apuania, nella zona di Carrara.
Con la guerra di Spagna e di Etiopia la ditta Innocenti inizia il suo ciclo di produzione meccanica finalizzata al periodo bellico. Con l'ingresso dell'Italia nella Seconda Guerra Mondiale, praticamente tutta la produzione della Innocenti viene incanalata nel settore delle forniture militari.
Lo spartiacque dell'8 settembre non coglie impreparato Ferdinando, che da tempo aveva fiutato aria di disfatta. Grazie all'aiuto di alcuni suoi operai, prende contatto con la Resistenza, iniziando a finanziarla. Questo tardivo 'dietro front' si rivelò provvidenziale. A differenza di altri industriali (vedi i vertici Fiat ad esempio), Innocenti non conobbe né requisizioni né epurazioni.
Dovendo riconvertire gli stabilimenti e la produzione industriale dei grandi stabilimenti di Lambrate, ebbe la seconda grande idea che caratterizzò la sua vita. Aveva visto in alcuni filmati provenienti dagli Usa i primi prototipi di scooter. Con i suoi ingegneri ne realizzò di migliori, costruendone i motori con la componentistica avanzata dalle forniture non ritirate dalla Difesa repubblichina. Era nata la Lambretta, che con la Vespa dette all'Italia la possibilità di muoversi su due ruote in piena comodità.
Sconfitto tuttavia alla distanza dalla supremazia dello scooter di Pontedera, Innocenti ebbe l'idea di diversificare la produzione lanciandosi nella realizzazione di automobili. Lo scontro con la Fiat, che in Italia ha sempre goduto di una posizione di privilegio sia con lo Stato Sabaudo, sia col fascismo che con la Repubblica, era inevitabile.
La scelta di puntare su automobili di piccole dimensioni e dal motore veloce, rappresentava una sfida non da poco all'impero degli Agnelli. L'aver costituito poi una sinergia con un marchio straniero (la britannica Austin) fu visto come un evento rivoluzionario. Purtroppo l'aver lanciato i propri prodotti a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta non favorì il successo di quest'ultima iniziativa di Ferdinando, che morì a Varese nel 1966.
Nel giro di pochi anni, prima che tutto crollasse, la famiglia cedette ad alcuni imprenditori indiani sia i brevetti che i macchinari per la produzione della Lambretta, che sulle strade dell'India è tuttora protagonista. Stessa sorte toccò al ramo automobilistico, ceduto agli inglesi. L' aver voluto restare sempre un'azienda a dimensione familiare (almeno nelle decisioni essenziali) fu forse l'unica miopia di uno degli industriali più lungimiranti del nostro Paese.
Per meglio inquadrarlo, LIBRO, LUOGO, LASCITO MORALE.
LIBRO: Alfredo Pigna, Miliardari in borghese, Mursia, Milano 1967
LUOGO: La lapide davanti all'abitazione della famiglia Innocenti a Pescia, appena varcata Porta Fiorentina, sulla destra.
LASCITO MORALE: Cadere e rialzarsi, cadere e rialzarsi....
di Giancarlo Fioretti