La Fenagi-Confesercenti, come le altre organizzazioni di rappresentanza degli edicolanti, da tempo denuncia lo stato di sofferenza dei rivenditori del prodotto editoriale stampato, sui quali grava una crisi economica generale che si somma ad annosi problemi soprattutto nel segmento della distribuzione e vendita del prodotto.
 
Il ritardo di una vera riforma dell’editoria nella quale si identifichi veramente il prodotto quotidiano e periodico e una adeguata e incisiva revisione dell’accordo nazionale, sono misure che non possono più esser rinviate.
In questo quadro Fenagi Confesercenti ritiene opportuna l’organizzazione di una forte iniziativa unitaria di carattere sindacale della categoria, ma non aderisce allo sciopero indetto dal Sinagi Cgil e dallo Snag Confcommercio previsto per i giorni 24, 25 e 26 febbraio.
 
La Fenagi, pur riconoscendo la necessità di una azione di forte visibilità della categoria al fine di far emergere lo stato di crisi del settore, trova sbagliato e controproducente chiamare alla chiusura le edicole proprio nei giorni nel quale si svolgono le elezioni politiche. Nel panorama generale dell’informazione, le rivendite di giornali, data la tutela che la Costituzione attribuisce al prodotto editoriale anche nella fase della vendita, sono sempre state riconosciute come elementi importanti per la garanzia di una diffusione capillare e pluralista del prodotto quotidiano e periodico.
 
Mettere in gioco il profilo di pubblica utilità della rete di vendita, malgrado le conferme avute anche dallo stesso Governo Monti che non ha abrogato le leggi a tutela della stampa, è un grave errore. Sottolineiamo che attualmente esiste una rete di vendita alternativa quale la grande distribuzione che ne garantirebbe sempre la diffusione. Infine consideriamo scarsamente efficace la chiusura dei punti vendita, anche perché non ci sono più interlocutori a livello governativo che possano assumere impegni concreti nei confronti della categoria.